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«È la prima volta che questo tipo di arte finisce davanti alla Suprema Corte che dovrà decidere se si tratta di imbrattamento o meno». Queste le parole dell’avvocato Domenico Melillo, difensore dello street artist Manu Invisible. La Street art diventa, per la prima volta in Italia, un caso da Cassazione: tra pochi giorni, il prossimo lunedì 4 aprile, si discuterà il processo a carico dell’artista sardo, assolto in primo e secondo grado a Milano dal reato di imbrattamento, contestato per un graffito realizzato in un sottopasso ferroviario in zona Lambrate. Scorcio notturno ai Navigli sin qui è stata riconosciuta dal tribunale milanese come opera d’arte e quindi non punibile penalmente, ma la resa dei conti tra street art e giurisprudenza deve ancora passare per l’ultimo e decisivo step. Il clima è da battaglia considerando l’altro procedimento avviato per l’artista di fama internazionale AliCè, al secolo Alice Pasquini, condannata in primo grado (più un’ammenda di 800 euro) per alcune opere realizzate sui muri di Roma. Manu Invisible, dunque, attende una sentenza che potrebbe fungere da importante precedente. Chissà se l’artista che copre il proprio volto con una maschera deciderà, dopo la pronuncia della Corte, di realizzare un altro graffito in risposta (come avvenuto dopo la prima assoluzione).

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Ecco qui l’opera Dura Lex sed Lex firmata (a Milano in via Piranesi) da Manu Invisible e Frode, suo avvocato e anche street artist. Nel frattempo abbiamo rivolto alcune domande a Manu Invisible per capire meglio i suoi lavori e la direzione che sta prendendo il mondo della street art.

Il processo a tuo carico e la condanna in primo grado della street artist romana AliCè sembrerebbero l’ennesima tappa di una battaglia tra artisti di strada e Istituzioni. Credi che il sistema culturale tuteli e valorizzi in modo adeguato gli street artist?

Il sistema quando si tratta di cultura è vago, la legge in merito non ha ancora sviluppato un meccanismo che tuteli la libera espressione. A mio parere la legge dovrebbe affiancarsi a quello che poi è il libero arbitrio di una persona civile, così come fa già da sempre coi giudici.

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Cosa pensi dell’iniziativa dello street artist Blu di cancellare i propri lavori dai muri di Bologna contro la cosiddetta privatizzazione museale dell’arte urbana?

Credo che sia stata una brillante mossa che ha fatto riflettere tutto il panorama dell’arte.

Sembra quasi che, riguardo all’arte urbana, quello che si può definire un vuoto istituzionale sia stato colmato dal fermento spontaneo dei vari talenti. Credi che la street art abbia nel proprio dna i geni per entrare nei ranghi istituzionali e del mercato o, quasi per natura, è destinata a rimanere una forma espressiva illegale?

Fino al XXI secolo si parlava di aerosol art, graffiti e writing. Il movimento comprendeva sia lettering che figurativo, perché queste sono le sue vere radici. Da quando è stato inserito nell’ambiente il termine: street Art e/o urban Art c’è un movimento parallelo di neomuralismo che si affianca e approccia in maniera istituzionale, ma è ben distante dal movimento del writing e dei graffiti tradizionali di matrice abusiva, poiché cambia l’approccio e l’atto in sé. Io esercitando entrambe le pratiche, posso dire che è inutile chiedere al writer di collaborare con le istituzioni poiché il suo lavoro si snaturerebbe, così come quello del muralista sarebbe compromesso sotto un aspetto totalmente illegale, (anche se molti realizzano, come me, opere murali abusive).

Come un grande internazionale della street art, Banksy, hai deciso di nascondere la tua identità tramite una maschera. Puoi spiegarci questa scelta?

Credo che nel mondo dell’arte la cosa importante sia quello che si produce e la propria identità sia un aspetto totalmente tralasciabile, per esempio Beethoven riecheggerà per l’eternità, grazie alle sue produzioni e non perché le persone sono al corrente della sua provenienza e della sua vita privata.

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Dai tuoi lavori emerge un variegato mix di stili, forme e tecniche. Svari dalla ritrattistica alle illustrazioni fino alla decorazione di spazi o murales. Cosa c’è alla base di questa ricerca di miscela e innovazione?

Alla base di questa ricerca c’è la voglia di scoprire continuamente tecniche nuove. Infatti credo che tutte le forme d’arte siano importanti nella nostra società proprio perché permettono di spaziare su diversi codici espressivi, per questo credo anche che un artista abbia l’obbligo di spingersi ad avere un approccio poliedrico.

Ci ha colpito molto Apoteosi della Natura, il murale realizzato a Selargius, in provincia di Cagliari. Come è nata quest’opera?

L’opera è nata da una richiesta di un privato, che aveva l’intera facciata di casa sommersa di scritte senza senso, peni e una moltitudine di avverbi molto simpatici da leggere, magari meno, da avere a casa propria. Ho realizzato una bozza che potesse adattarsi a ogni particolare della parete, tenendo conto del gusto personale del cliente ma anche dell’ambiente circostante. È andato bene il preventivo e ho realizzato l’opera.

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Per quanto riguarda invece Ora pro nobis, il dato religioso della tradizione sembra mischiarsi a un tratto di disperazione legato alla contemporaneità. Puoi confermare questa sensazione? Se sì, come hai ideato questa opera?

Ora Pro Nobis è stata concepita e realizzata a 4 mani con Frode, mio collega ma anche mio avvocato per quanto riguarda la sentenza che ho accennato in alto. L’opera voleva osservare il passato attraverso l’iconografia sacra, proiettandosi però verso il presente e il futuro, quindi abbiamo reinterpretato la Madonna del perpetuo soccorso in chiave moderna affidandoci al nostro gusto personale, il parroco nostro committente ha accolto e apprezzato da subito questa scelta.

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Quali sono i tuoi punti di riferimento o gli artisti che ti hanno influenzato maggiormente, insomma i fattori che hanno dato man forte per la tua crescita artistica?

La mia famiglia, i miei amici (e forse per quelli veri una mano è troppa) e le esperienze che mi stanno portando a girare il mondo, la vita in generale, ci mette davanti mille spunti, siamo noi che dobbiamo vederli per coglierli.

 

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