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Sta per entrare in vigore in Italia, dopo un iter legislativo frastagliato, la legge sul cyberbullismo. Inizialmente pensata per tutelare i minori – secondo un’indagine Istat la metà dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni subisco comportamenti offensivi nell’arco di 12 mesi – è stata pesantemente modificata dalla commissione Giustizia e Affari Costituzionali di Montecitorio in modo da coprire anche gli atti di bullismo compiuti nella vita reale e includendo tutte le persone, anche maggiorenni.

Cosa dice l’ultima versione della legge sul cyberbullismo?

Dopo aver definito il reato di cyberbullismo, regolamenta la procedura di rimozione dei contenuti offensivi. Sia la vittima che il bullo (per finalità riparative, in caso di pentimento) possono chiedere al fornitore di servizi l’oscuramento, la rimozione e/o il blocco dei contenuti specifici rientranti nelle condotte di cyberbullismo, e questo deve provvedere entro 24 ore. Se il fornitore non provvede, la vittima può rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali, il quale provvede alla rimozione entro 48 ore. Quindi, il tempo di rimozione oscilla tra le 24 e le 72 ore.

I reati previsti dalla legge sul cyberbullismo verranno accorpati all’articolo del codice penale su atti persecutori e stalking, e viene esteso a chi compie la divulgazione di testi o immagini, la diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private.

Infine, la legge prevede la creazione di un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo, che provvederà a pianificare un progetto di educazione nelle scuole per un uso consapevole della rete e una serie di campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione contro il cyberbullismo.

Cosa cambia per la nostra esperienza in rete?

Per i tentativi di stalking, gli atti intimidatori e quelli bullizzanti da parte di un singolo o di un gruppo di persone ristretto, la nuova legge fa riferimento a tutte fattispecie legislative già esistenti. Non serve una nuova legge per chiedere la rimozione di un contenuto online al fornitore del servizio. Non  serve una nuova legge neanche per rivolgersi al Garante in caso di violazione della privacy.

Sicuramente non fermerà gli effetti peggiori del cyberbullismo virale. Pensiamo alle foto hackerate dal cellulare di Diletta Leotta che hanno raggiunto una viralità incredibile in pochi minuti. Cosa sarebbe cambiato con la rimozione dei contenuti 24 ore dopo? Da Facebook a Whatsapp passando per Twitter si sarebbe dovuta azionare una macchina burocratica incredibile che avrebbe dovuto raggiungere la gran parte dei dispositivi italiani (pc, tablet, smartphone). Se la soluzione è dare da 1 a 6 anni di carcere per chiunque abbia inoltrato le foto, le carceri italiane avranno un serio problema da affrontare.

E in casi come quelli di Tiziana Cantone, la ragazza spinta al suicidio dai continui insulti ricevuti dopo la diffusione di un suo video hard diventato un vero e proprio tormentone della rete? Il suicidio di Tiziana Cantone ha levato un coro piuttosto unanime, che si è esteso da l’Unità fino all’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia passando per Famiglia Cristiana, per chiedere un’accelerazione della legge sul cyberbullismo.

Ma anche in questo caso la legge, per come è stata disegnata, avrebbe potuto fare poco e niente. È un problema che riguarda esclusivamente il legislatore? Difficile prendere una posizione così netta, vista l’impossibilità di contrastare la viralità di un contenuto in rete, dovuta alla natura stessa di internet. Di certo dimostra la scarsa conoscenza dei meccanismi della rete da parte del Parlamento.

La legge inoltre affida la prima mossa alla vittima – e fortunatamente non a un sistema di controllo che somiglierebbe molto a uno stato di polizia virtuale – rischiando la rimozione tardiva del contenuto. Il video di Tiziana Cantone ha avuto una diffusione sicuramente più lenta rispetto alle foto della Leotta, ma considerando che la procedura viene avviata solo quando la vittima presenta richiesta, è molto probabile che questa se ne sia accorta quando le sue immagini erano già giunte alla fase inarrestabile del processo virale. E nuovamente sembrerebbe assurdo arrestare tutte le migliaia di proprietari dei dispositivi che hanno fatto da ripetitore nella diffusione del video.

Se anche la legge si rivolgesse soltanto a chi ha caricato in rete per primo un determinato contenuto, bisognerebbe considerare quei casi in cui sia la vittima stessa, in buona fede, a fare l’upload del video su una qualsiasi piattaforma per passarla a qualcuno che ritiene di fiducia.

Ma la diffusione del video è il vero problema della tragedia di Tiziana? No, sono stati gli insulti, l’aggressione costante subita dalla Cantone dopo la diffusione del video. Il video di Tiziana è diventato virale perché era divertente. Grottesco, ma divertente. Senza fare finti moralismi, c’è una grossa porzione di utenti che quel video lo ha ricevuto, ne ha riso, e lo ha inoltrato ad altri amici o in altri gruppi.

Purtroppo viviamo in un Paese in cui esistono persone che, ricevuto un video hard dal contenuto divertente, sentono l’irrefrenabile bisogno di andare a insultare quella ragazza. E la proposta di legge non sembra avere alcuna possibilità di fermare questo terribile fenomeno nel breve periodo.

Inoltre la legge prevede che la segnalazione delle condotte bullizzanti avvenga esplicitamente tramite URL. In parole povere: se in rete insultate, offendete o maltrattate un altro utente e dopo qualche minuto cancellate ciò che avete scritto, alla vittima non sarà sufficiente consegnare uno screenshot per esporre denuncia nei vostri confronti.

Una legge che scontenta tutti. Da una parte, chi ha lottato per una legge sul cyberbullismo specificamente rivolta ai minori si dovrà accontentare di una legge generica – che oltretutto va ad appesantire l’attività del garante per la privacy e dei fornitori di servizi che dovranno analizzare le richieste di tutti gli utenti, non solo dei minori. Dall’altra, chi chiedeva una legge funzionale al problema si ritrova con una legge inutile.

Cosa salvare dalla legge sul cyberbullismo?

Difficile a dirsi fin quando non si capiranno quali politiche verranno attuate dal tavolo tecnico, che verrà istituito entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Sicuramente se c’è una strada da seguire è quella dell’educazione, in modo da cambiare gli utenti del futuro e non la fruibilità della rete.

La strada da percorrere è quella dell’uso consapevole della rete, sperando che ai ragazzi non venga proposta una gabbia fatta di regole, leggi e imposizioni. Sarebbe contrario alla natura stessa di internet che deve essere spiegato e raccontato come il luogo dove i ragazzi possono essere ciò che sono veramente, una finestra verso infiniti mondi possibili, una continua fonte di informazioni a loro disposizione per arricchirsi come esseri umani, da utilizzare come strumento di aiuto fondamentale nella loro vita.

Per farlo però dovranno saper scegliere il vero dal falso, la bufala dalla notizia, il sito attendibile da quello non attendibile, cosa ritenere affidabile e cosa scartare a priori.

Imparare, soprattutto, che a ogni profilo corrisponde un altro essere umano. Un’educazione civica virtuale che spieghi le potenzialità di vivere una community, che spieghi come la rete è fatta di persone con una vita, dei sogni, delle passioni e allo stesso tempo dei difetti, delle sfortune, delle difficoltà. Proprio come noi. La repressione non aiuterebbe ma anzi aumenterebbe il senso di frustrazione di cui la rabbia, l’odio, il sospetto e il livore che vediamo ogni giorno sui social sono i sintomi.

Ed è proprio in quel luogo dove possiamo essere tutto quello che vogliamo che non abbiamo alcun diritto di bullizzare o insultare gratuitamente gli altri, perchè gli altri siamo noi.

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