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Moltissimi testi hanno raccontato il sogno, tra epopee, drammi, romanzi e saggi. Sottoposta ad analisi fin dall’antichità, l’interpretazione onirica era praticata per conoscere il destino singolo e collettivo, finché l’onirologia decadde a una specie di pseudoscienza che nutriva le masse, si ridusse a una superstizione e fu rivalutata soltanto agli inizi del Novecento. Il sogno è sempre stato, sì, portatore di un significato, ma si articola molte volte in una visione imprecisa e sfumata, vittima anche della dimenticanza del sognatore appena sveglio, che prova a dare organicità a un insieme di immagini inghiottite dall’indefinito.

 L’indefinito ne I cieli di Sandra Newman, edito per Ponte alle Grazie (traduzione di Laura Berna), è uno scontornato doppio viaggio sui passi di una ragazza del ventunesimo secolo e una del sedicesimo, entrambe accomunate da una forte potenza onirica. Kate vive a New York, dove incontra il suo futuro fidanzato Ben a una festa in casa di Sabine, la tipica ragazza ricca che finanzia movimenti politici di sinistra. È il 2000, il primo anno senza guerre, e una donna è in corsa per la presidenza degli Stati Uniti; è l’anno migliore di sempre, in cui Ben si innamora per la prima volta, il mondo sembra un posto sicuro e New York è il centro di tutto.

In un altro dove-e-quando, Emilia è una giovane musicista di origini italiane che vive a Londra, è il 1593 e William Shakespeare non è ancora morto.

Sandra Newman è la profetessa che annuncia l’apocalisse tra due mondi al di qua di un omicidio da compiere e di una strage che sembra non potersi evitare e risuona indelebile nell’11 settembre; ogni cosa sarà avvolta dalle fiamme, prima o poi, sia nella realtà che nel sogno.

Kate lavora a fatica, vaga tra i suoi pensieri, inizia a diventare un peso per Ben, che mantiene entrambi, e una notte si addormenta in un gesto che non le appartiene, come non le appartengono i vestiti che indossa e le persone che la circondano: si trova nel Surrey, in Inghilterra, con attori e musicisti scampati alla peste che imperversa a Londra. A parlare e a muoversi è Emilia, che ascolta e conversa con personaggi bistrattati dalla società, tra i quali un attore di nome Will, detto il Triste. Poi, a serata conclusa, un presagio, un vago sentore di fiamme, il mondo che finisce e il respiro torna a Kate, che si sveglia accanto a Ben.

È il sogno che si ripete ogni notte, quello in cui Kate non è più Kate, è Emilia, la quale a sua volta, nel momento in cui si addormenta, non è più se stessa e torna a essere Kate. Nel sogno è facile cancellare la propria identità, diventare qualcun altro: Emilia, dal passato, sfrutta il proprio potenziale per comunicare un messaggio a Kate, affinché possa cambiare le sorti di un presente che preannuncia l’apocalisse. Ma Kate, nella realtà, è scissa tra ciò che sogna e ciò che vive, confusa nel suo essere indefinita, nel non sapere con certezza chi sia.

 La scissione spazio-temporale avviene in quei cieli che si squarciano sopra le nostre teste: in questo doppio sogno e doppio mondo, la coscienza della sognatrice è permeabile, può scegliere di diventare chiunque, salta da un’epoca all’altra e, nel dettaglio di un simbolo o di un minimo gesto, sconvolge l’avvenire in una sequela di catastrofi, con la stessa distruttiva leggerezza di una farfalla che, con un lieve colpo d’ali, genera un uragano da Tokyo a Los Angeles senza saperlo.

Ciò che si compie nel passato ha conseguenze nel presente e, come dice Emilia, è ozio ogni vita sotto i cieli: non è più possibile temporeggiare. Un fato difficile da comprendere deve compiersi e sta a Emilia capire chi sia destinato a rimanere e chi a morire.

Kate si riaddormenta, si sveglia Emilia. È incinta, il marito è a Londra per affari, è marzo e fuori fa freddo.

«E dentro di lei un assillo crescente, l’impressione molesta di qualcosa che Emilia doveva necessariamente fare. Era qualcosa nella cornice della scena, nella sua forma. Lei era qui per… ce l’aveva sulla punta della lingua. Non riguardava il bambino o la peste. Non riguardava la regina. Sentiva di saperlo da tutta la vita. Era… stava per venirle in mente».

La sfumatura crescente di una missione da compiere si fa strada dentro Emilia, che diviene consapevole del suo potenziale onirico.

Nel mondo di Kate, William Shakespeare è un autore poco conosciuto, se ne hanno scarse informazioni: dopotutto è morto a Londra nel 1593, a soli trent’anni. Nel mondo di Emilia, Will il Triste catalizza i suoi pensieri; poi una visione che annichilisce il presente e rischia di realizzarsi nel futuro:

 «Dunque, mentre dormivo, vedevo una città morta, una città come non ce ne sono mai state. Era prodigiosamente alta; i bordi dei tetti toccavano le nuvole scure. I muri erano fatti di carbone e ghiaccio e il suolo era una pietra innaturale, non vi viveva un animale. Non c’erano foreste, né campi ariosi. Niente uccelli; tutta l’aria era morta. Gli sporchi scarafaggi erano morti e le loro corazze sottili come carta erano trascinate per le strade. Era un regno di niente, di vento e di silenzio».

 Parlare dei sogni è quasi pericoloso al momento della rivelazione di un’apocalisse, parola dal doppio significato, che per i moderni equivale a catastrofe, mentre, secondo una più genuina etimologia, vuol dire letteralmente disvelamento. Il sogno è la possibilità per il dormiente di calzare i panni di chiunque voglia, nel fluire di un metamondo all’interno del quale le regole fisiche terrestri non funzionano più; inoltre il sogno può salvare l’umanità, sia per Emilia che per Kate.

All’alba del Duemila, il sogno di Kate sulla fine del mondo ha il sapore di una profezia millenaristica, ma il giorno dell’apocalisse a crollare non sono soltanto le Torri Gemelle, bensì un’intera rete di passati possibili forgiata da una ragazza che ha tentato di comunicare con Emilia perché dal passato potesse cambiare le sorti del presente. Una doppia linea corre sui passi delle due protagoniste, che, proprio come due rette parallele, non si incontrano mai, pur comunicando con un solo fiato lo stesso sogno e lo stesso fuoco.

Newman porta su carta la fantasia di altri mondi abitabili o sognabili, nei quali a sopravvivere è la caparbietà di una ragazza che lotta contro lo scetticismo degli amici e allontana dai cieli del suo mondo la precarietà di un’età adulta che ha dimenticato l’innocenza.

«È quella cosa del viaggio nel tempo» disse Sabine. «Kate pensa che tornerà nel passato e impedirà che questa orribile distopia si avveri. E poi vivremo tutti nel mondo di Kate, in cui non c’è bisogno di pagare l’affitto e c’è la cazzo di pace nel mondo».

Il costo della pace di Kate passa attraverso un omicidio la cui autrice sarà Emilia, che esigerà il sacrificio di un genio letterario.

«Quindi è molto famoso?» chiese Kate.

«Kate, è sempre la solita storia» disse Sabine. «Ci chiedi se sappiamo chi è Shakespeare e poi dobbiamo spiegarti Shakespeare. Oggi possiamo per favore evitarlo?»

«È che è stata una sensazione così strana vedere tutti i suoi libri. Nel mio mondo, non ha scritto tutte queste cose. E poi ho pensato – so che è il pensiero di una matta – ho pensato che forse le cose che ha scritto hanno fatto andar male qualcosa, così forse è giusto che muoia giovane. Se ci ripenso, la maggior parte delle cose che ho fatto in sogno sono servite ad aiutarlo a vivere e ad avere successo. Così pensavo che potremmo mettere ai voti la sua morte, e allora non sarebbe soltanto una mia decisione. Mi dispiace se vi ho già detto queste cose altre volte».

Il mondo di Emilia, che si è innamorata del drammaturgo dallo sguardo mesto, cede sotto le pressioni di una visione di fuoco; su questa linea spazio-temporale così delicata viaggiano sentimenti di una follia purissima, quella di Kate, dettata dalla volontà di salvare il mondo che rischia di morire tra le fiamme. Dunque, un sacrificio è necessario, ma di chi? Del poeta dagli occhi tristi e i capelli folti o della musicista investita, come una messia, del compito di salvare l’umanità del futuro?

  1. Kate è un’altra persona, un’altra se stessa, lentamente perde la ragione e deve decidere su quale mondo abitare. Se il sogno è una parvenza di realtà – o di tante realtà –, noi, che siamo della stessa sostanza dei sogni, siamo niente davanti alle tragedie della modernità e ai palazzi di ghiaccio e carbone che crollano al suolo.

A quanto pare, viaggiare nel tempo è possibile, secondo Newman; ciò non toglie, però, che gli effetti collaterali esistano. Si può utilizzare un sogno per esaudire un desiderio, ma non si può escludere la possibilità di danneggiare il mondo presente al risveglio, anche solo starnutendo o pensando di farlo nella verità onirica. Il sogno è un dio potente, più potente persino dell’unico Dio o degli unici dèi antichi; dopotutto, secondo i greci, Hýpnos aveva il potere di addormentare persino Zeus ed era pericolosamente fratello di Thánatos. Uccidere nel sogno, forse, non porterà a una soluzione per salvare l’umanità, ma, come scritto nella Tanàkh, salvare anche soltanto una vita è come salvare il mondo intero, e qui il dilemma appartiene tanto a Emilia quanto a Kate.

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