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Se la vita di un trentenne avesse un titolo si chiamerebbe L’esistenza ai tempi del periodo breve. Il periodo dell’amore è breve, quello del lavoro ancor di più, e ogni aspetto della vita sembra implicare la prospettiva dell’adesso va bene, poi chissà. La temporalità si ritira, diminuisce, si comprime, e starle dietro diventa veramente complicato. Difficile, dunque, urlare «gloria alla brevità», anche perché basta un esempio per diventare sospettosi nei suoi riguardi: in alto mare è una fortuna avvistare la terraferma, lì dove il mare finisce; in bilico su un dirupo, invece, il confine del terriccio rappresenta un serio problema! Ecco, la brevità permette di salvarsi dal mare, ma anche di cadere dal dirupo.

È un’arma a doppio taglio che consola, rassicura e allo stesso tempo spaventa. E allora, se da una parte si respira la libertà e si cancellano i doveri verso ciò che è prossimo alla fine, dall’altra si soffre sempre e comunque in vista di una conclusione. Nella scrittura, invece, la brevità sa dire velocemente, in modo incisivo, e secondo qualcuno racconta la modernità nel modo più onesto. E in effetti, se l’idea che tutto debba terminare ci appartiene e la forma abbreviata ci affascina, è perché le due sono vicine, molto vicine. La brevità richiama alla mente le nostre aspettative latitanti, le nostre progettazioni impossibili, le esperienze a breve termine. In poche parole, anzi in una, somiglia al nostro esilio, a quella condizione che permette di guardare da lontano più che di vivere, di avere paura più che di decidere.

Siamo esuli, se la definizione di esilio è: «(der. dall’agg. esile) – condizione molto delicata. Sospeso a fili sottilissimi, esili resti di origini lontane, chi vive in esilio sorvola lieve terre su cui non si posa mai». Esuli sorvolatori, ci muoviamo in un testo fatto di frammenti, piuttosto che vivere in un’opera compiuta. Per questo Periodo breve gioca sul concetto di brevità e decide di parlare poco, ispirato da frasi veloci di romanzi, racconti, graphic novel, fumetti, canzoni o, come in questo caso, da strepitose etimologie inventate. Perché siamo tutti un po’ esuli, si spera per un periodo breve.

23 Comments

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  • leonardo ha detto:

    Mi auguro che le prospettive dei trentenni siano “più” positive😊. Esordire con l’amore è breve, il lavoro ancor di più non offre molte chances. Si dovrebbe riuscire a rendere questa “brevità” più “intensa”, ricca di esperienza perché il terreno che calpestiamo è minato dalla fretta. Spero che i giovani possano attraversare mari, abissi, terre dove si, si troveranno esuli, ma poi scoprirsi viaggiatori con una identità universale.

    • Leonardo Neri ha detto:

      Grazie per l’augurio Leonardo. Credo comunque che dall’articolo emerga una via di fuga in senso positivo. A presto, continua a seguirci

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