Skip to main content

Come per Michele Mari, anche per me la prima forza attrattiva verso i volumi Urania è stata la promessa di mondi fantastici e fantascientifici, rappresentati nelle sue variopinte copertine. Prima le affascinanti immagini, poi l’effettivo contenuto di quei volumi mi hanno portato ad avvicinarmi alla collana di fantascienza nata nel 1952, occupando prima qualche angolo, poi interi ripiani di una libreria. Sono quindi entrato nelle schiere di feticisti degli Urania, serie di assoluto culto tra gli appassionati del genere fantascientifico. Michele Mari ne parla nel racconto breve Le copertine di Urania, già contenuto nella raccolta Tu sanguinosa infanzia e ora ripubblicato da Humboldt Books, ampliato con una galleria fotografica dalla collezione dell’autore e corredato dal testo L’egemonia del cerchio di Luca Pitoni. Dopo la sua prima uscita nel 1997 e la sua pubblicazione anche sull’Urania n. 1322, il racconto di Mari è stato di ispirazione per la creazione del sito internet mondourania.com, preziosa risorsa per appassionati e collezionisti, che raccoglie le copertine di tutti i volumi di tutti gli Urania pubblicati.

Nell’introduzione a The art of the B-movie poster! (ed. Adam Newell, Gingko Press, Berkley, 2016), Pete Tombs descrive il “lure of the lurid” (il richiamo del lurido), come un «un inconfondibile invito allo stanco cercatore di brividi che cerca di ravvivare una giornata noiosa». Come il poster fungeva da richiamo per gli spettatori di film, soprattutto horror, a basso budget ma con la possibilità di guadagnare lo status di cult, le copertine degli Urania dovevano attrarre indipendentemente dal valore del romanzo pubblicato. Nasce così questa “iconografia dell’angoscia” in cui il “lurido” è rappresentato dalle creature in copertina descritte da Mari. Sia nel caso dei B-movie che degli Urania si può dire che queste operazioni abbiano funzionato, nonostante per molto tempo fantascienza e horror siano stati considerati generi di minor valore artistico-letterario.

L’esplorazione delle copertine dei volumi Urania parte dai disegni, «mostri su mostri» oppure «teatri di indicibili orrori», ma sempre vestigia grafiche che suscitavano sia angoscia sia curiosità. Il piccolo Mari le aveva tutte ben stampate in mente, ma alcune lo chiamavano, tanto da farlo tornare a contemplarne bellezza e spaventosità. Con dovizia di particolari descrive quelle per lui più suggestive, tra cui quella del n. 277, Tre millimetri al giorno di Richard Matheson, in cui un omino si difende da un ragno più grande di lui con un chiodo, e quella del n. 363, la raccolta Fantastrenna in cui il soggetto è «un riccio di mare con dita al posto degli aculei».

Subito dopo i disegni erano gli autori a lasciare traccia nell’immaginario del piccolo Michele Mari: alcuni cognomi erano per lui suoni onomatopeici, quindi Wyndham era «un vento di città morta», Dick «una goccia di pioggia acida», mentre altri ancora andavano a formare con il titolo delle formule esoteriche, come «Ericfrankrusselllesentinelledelcielo» o «Jamesgordonballardessiciguardanodalletorri».

I titoli degli Urania si possono raggruppare per aree semantiche. Mari cita le «Famiglie di orrori», poi «trascoloranti in grappoli di pestilenze e di lutti», le ossessioni abissali, anche «associate a più variabili obbrobri», dannazioni su dannazioni, i titoli che «insistevano sul nulla, sul silenzio e sull’oblio», ripiegando poi su titoli di falsa neutralità o criptici, «per ricadere alla fine su quello che più mi assillava»: Colui che sussurrava nel buio, H.P. Lovecraft, n. 310.

Dal racconto traspare un tipo di solitudine del Mari bambino non pesante o avvertita come spiacevole, anzi è funzionale, poiché dà la possibilità di esplorare gli Urania e di immergersi in fantasticherie di mondi non ancora accessibili. Gli era preclusa la lettura del romanzo, ma le strisce di B.C. o de Il mago di Wiz in coda al volume erano il suo «licito pane», anche «a eventuale inchiesta di adulti». Come lettore è ancora alle prime tappe, ma tra qualche decennio potrà dismettere Il piccolo principe e arrivare a leggere Robert Heinlein. Il “piccino” per il momento può solo camminare lungo un viale fatto di fantastico orrore alternato a incanto, incontrando quasi per sbaglio il nonno e il padre.

Come anche nell’“autobiografia” Leggenda privata, lo scrivere biografico si mescola alla fiction: quello che ne risulta è una narrazione in cui la memoria dei fatti e il suo racconto non devono essere precisi, ma servire da cornice, da contesto.

Il nonno è un inconsapevole difensore del nipote. Leggendo le parole di quei volumi così visivamente spaventevoli ne esorcizzava le creature, «figure di plastico orrore che palpitavano per uscire da quelle copertine». Inconsapevole suggeritore di un orrore casalingo è invece il padre: la richiesta di interpretazione di un manifesto porta il protagonista a conoscenza del fatto che «i muri delle nostre case [sono] internamente abitati», e lo sono da larve, non cattive ma «intelligentissime e attente scrutatrici della nostra vita domestica» che lo attendono sia nei muri di casa sua che in quelli della casa dei nonni.

Negli anni la veste grafica degli Urania si è più volte rinnovata, partendo da un’immagine quadrata che occupava quasi tutta la copertina, passando per l’introduzione di un rombo sulla parte alta e un fondo bianco anziché nero, dal 1962 al 1964, fino all’iconico cerchio rosso sinonimo di fantascienza, prima in contemporanea alla presenza del rombo, poi dal 1967 con una semplice linea a dividere il titolo dall’illustrazione.

La fase Urania con il rombo in copertina: il n.287, Strisciva sulla sabbia, Hal Clement del 1962 e il n.377, Le mille e una morte, J. T. McIntosh del 1965

Come ci spiega Luca Pitoni nel testo a corredo del racconto, L’egemonia del cerchio, il merito è ascrivibile ad Anita Klinz, art director di Mondadori e ideatrice di quel progetto grafico. Altra intuizione di Klinz è la scelta dell’olandese Karel Thole per le illustrazioni. Prende il posto di Carlo Jacono, soprannominato l’“Uomo del cerchio”, che ironicamente non illustrò le copertine Urania dopo la svolta iconica del cerchio. Le illustrazioni dei due a prima vista sono simili, nei particolari diversissime. Thole avrà anche la possibilità di reillustrarsi poiché a partire dal 1963 alcuni testi verranno ristampati rinumerati e ricopertinati.

Due copertine in cui Karel Thole si è reillustrato: il n. 648 Deserto d’acqua, J.G. Ballard, già n. 311 e il n. 662 La missione del tenente Truant, Gordon R. Dickson, già n.326

Illustrerà la collana per oltre trent’anni. I suoi disegni, forse più vicini a quelli di un altro suo predecessore in Urania, Curt Cesar, hanno tratti meno nitidi di quelle di Jacono, perfette invece per I Gialli Mondadori che illustrò dal 1950 al 1986, forse per permettere al lettore di completare le figure con uno sforzo immaginifico. 

Leave a Reply