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Mary South è al suo debutto nella vetrina letteraria internazionale. Il suo libro, You Will Never Be Forgotten, giunge in Italia col titolo Mi ricorderò di te attraverso Pidgin, nella traduzione dell’editore Stefano Pirone. Il nome della scrittrice newyorkese, tuttavia, non emerge dal nulla. 

Mi ricorderò di te è una raccolta di dieci racconti, alcuni dei quali sono inediti mentre altri – come Keith Prime, Campeggio Giabervocco per la riabilitazione di troll di internet e Non è Setsuko – sono apparsi su riviste e testate prestigiose, quali «Guernica», «NOON» e il «New Yorker». A legare queste storie sono in larga parte l’uso (e ovviamente l’abuso) della tecnologia e, in secondo luogo, un certo disordine della psiche umana connesso, soprattutto, con il mancato recupero dai traumi. 

Nel racconto di apertura la protagonista lavora per una società che produce replicanti al solo fine di sfruttarne i corpi. Infatti, «i Keith sono Keith perché non sono particolarmente attraenti, né particolarmente intelligenti, né particolarmente gentili», e tuttavia «è sempre triste quando a uno dei tuoi Keith vengono prelevati degli organi». La protagonista si affeziona al proprio replicante al punto da portarlo a casa e instaurare con lui una forma morbosa di rapporto materno che va in qualche modo a rattoppare la perdita di un marito con il quale era in programma di concepire un figlio.

Nel secondo racconto, L’età dell’amore, il protagonista scopre che gli anziani ospiti della casa di cura per cui lavora trascorrono il tempo libero facendo telefonate erotiche. La situazione – fortemente ironizzata da Mary South – sfugge di mano e diventa di pubblico dominio. La domanda che sorge spontanea in uno degli infermieri è legittima: «Sono curioso di capire che genere di persone telefonino alle linee erotiche oggigiorno, nell’era del porno su internet». Legittima, sì, ma non immune da ulteriori indagini: è possibile ipotizzare che la differenza fra il porno su internet e la telefonata erotica stia nell’intimità – per quanto fittizia, “professionale” – che si crea nel secondo caso con l’operatrice dall’altra parte della cornetta?

Campeggio Giabervocco per la riabilitazione di troll di internet sfrutta quello che potrebbe presto diventare un topos letterario, vale a dire la necessità di una forma di riabilitazione dall’uso eccessivo di internet, per raccontare le vite di giovani adulti alle prese con le proprie identità virtuali. In Per salvare l’universo, dobbiamo anche salvare noi stessi, South ha invece costruito un racconto sui “fandom tossici”, ossia su quei gruppi di fan di una determinata cosa che, anziché vivere serenamente l’entusiasmo che li caratterizza, ne divengono ossessionati al punto da rovinare la propria e l’altrui vita. I fan in questione sono amanti di una serie sci-fi chiamata Starship Uprising, le cui dinamiche interne ricordano quelle di una delle serie tv più longeve e fortunate di sempre, Star Trek, il cui fandom (la cui “aggressività” può essere paragonata, forse, solo a quella degli amanti del mondo di Tolkien) è stato più volte oggetto di scherno di altre serie come The Big Bang Theory. Fra troll e flamer, questo racconto risulta azzeccato perché riproduce con leggerezza e ironia comportamenti a volte piuttosto pericolosi, invogliando così il lettore a interrogarsi sul proprio modo di agire quando ci si confronta con i social media.

Di altro genere sono storie come Architettura per mostri e l’ultima – bellissima e degna conclusione della raccolta – Non è Setsuko. Nella prima delle due, quella che sembra essere un’esperta di architettura racconta, in una sorta di articolo zeppo di tecnicismi, la vita e le opere di una archistar la quale, si scopre, prende ispirazione per i propri progetti dalle deformità della figlia. Nell’altra, una donna tenta di superare il dolore per la perdita di una figlia costringendo la secondogenita a riprodurre gli stessi vissuti della prima, così da creare in lei dei falsi ricordi per far sì che «nostra figlia sia quasi di nuovo nostra figlia». In entrambi i casi è possibile scorgere un rapporto parentale malsano, nel quale un genitore tenta di arrivare a una forma di successo personale sfruttando il figlio e senza curarsi delle possibili conseguenze dannose dei propri gesti.

Infine, nel racconto Domande frequenti sulla tua craniotomia, la sezione delle FAQ (Frequently Asked Questions) di una nota neurochirurga diviene una sorta di diario personale nel quale la dottoressa sfoga la frustrazione per la perdita recente del marito e l’incapacità di gestire due figli adolescenti. Nel racconto che dà il titolo all’opera, la protagonista è così ossessionata dal proprio stupratore da diventarne una stalker nella vita reale.

I dieci racconti che appaiono in Mi ricorderò di te non sono variegati solo nelle trame e nei temi che affrontano, ma anche riguardo ai punti di vista e agli stili. La maggior parte delle storie è narrata in prima persona, con un occhio centrato sul protagonista che vive la vicenda. Nel caso di Per salvare l’universo, dobbiamo anche salvare noi stessi, la prima persona è plurale, a rappresentare una comunità piuttosto coesa: «Noi siamo i fan di Starship Uprising e ci siamo riuniti, sotto la gentile supervisione dei nostri divini moderatori, per condividere il nostro amore per la celebre serie televisiva». Un solo racconto è invece in terza persona: Campeggio Giabervocco per la riabilitazione di troll di internet è infatti una storia corale, nella quale i punti di vista dei personaggi si alternano.

Alcune storie sono più asettiche, come nel caso di Domande frequenti sulla tua craniotomia, la quale, come anticipato, ricalca la sezione FAQ di un sito internet. Lo stesso vale per Architettura per mostri: «Cassa Toracica Spaccata si erge sopra il deserto di Abu Dhabi come una cattedrale satanica. La torre condominiale è composta da novantuno piani di cemento color ossa che si estendono ricurvi da uno sterno». In Mi ricorderò di te e Non è Setsuko a prevalere è una narrazione intimistica, sempre tesa fra l’ossessivo/perturbante e il nostalgico – in entrambi si è perso qualcosa: la sensazione di corpo puro nel primo racconto, una figlia nel secondo.

Ad accomunare i testi c’è una forte componente critica nei confronti della società attuale, la quale viene vissuta come centro scatenante delle nevrosi individuali e collettive. Sono il vivere frenetico, le iperconnessioni e il bisogno di realizzazione e accettazione a tutti i costi a tenere i protagonisti delle varie storie sempre in tensione, sull’orlo di un disequilibrio pronto a esplodere in violenza fisica o psicologica. Sotterranea, poi, scorre una vena ironica affilatissima in grado di evidenziare i meccanismi fragili che sono alla base dei comportamenti autolesionisti. Nei già citati Campeggio Giabervocco per la riabilitazione di troll di internet e Per salvare l’universo, dobbiamo anche salvare noi stessi questa tecnica è portata alle estreme conseguenze: i due racconti, forse i più riusciti della raccolta insieme a Mi ricorderò di te e Non è Setsuko, sono in grado di lasciare il lettore in uno stato ambiguo, a metà fra l’amaro e il divertito.

Quello di Mary South è in conclusione un esordio robusto e attualissimo, capace di sorprendere sia per le invenzioni narrative sia per aver colto alcuni dettagli caratterizzanti la nostra società contemporanea. I racconti di South sono pieni di siti web, social network e smartphone, e sono caratterizzati da un linguaggio contemporaneo, che sfrutta bene anche i neologismi provenienti dal mondo di internet.

Mi ricorderò di te sa sorprendere anche perché riesce a coniugare, nella stessa raccolta, storie intense e catartiche come Non è Setsuko con altre più leggere come L’età dell’amore.

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