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Questo è libro in cui la bellezza è padrona: prosa del tutto adeguata al soggetto. La musicalità delle parole, il ritmo fluente del racconto, dotato sì di originalità espressiva, ma pure di bellezza, senza esasperare, con talento, legando il lettore alla lettura, si mescola alle scogliere schiumate di mare e agli uliveti dell’entroterra ligure. In queste pagine si dissolve la bellezza del suono e si apre la meraviglia dell’immagine in un incanto. Magliani mentre scrive sembra sotto gli influssi dell’agave: antichissimo loto persiano. In stato di grazia. E il “Bambino e le isole”, parlando di Natura e Infanzia, evoca letteratura così amata e importante per la generazione di chi scrive queste righe: “Stagioni diverse”, “Il Signore delle Mosche”, Jack London. Lo fa in modo incantevole (cioè in unione di poesia e bellezza) e in modo separato e non consapevole; e tuttavia, lo fa, evoca felicemente questo.

L’onda di mare lucente, però, s’infrange a un tratto sulle scogliere. Ma è bellissimo osservare l’onda esplodere in gocce e i dirupibrillare come pietre preziose. Calvino. Italo Calvino. L’enorme onda suscitata da Marino Magliani percuotendo come Poseidone l’oceano della sua immaginazione s’infrange splendidamente su un’area di faraglioni leggeri come coralli. Il genio di Calvino. Il suo talento, quasi fanciullo. La sua immaginazione candida, ma così dirompente. Calvino si immagina dove finiscano i binari dei treni. Tutto qui. E questa immagine subito fa traboccare il vaso così sapientemente riempito da Marino Magliani. Sei lì avvolto dalla melodia della prosa e dal profumo dei limoni e dai sapori del mediterraneo e arriva questa idea calviniana e subito immagini un intrecciarsi di binari uno all’altro, come nastri di cassette analogiche, un garbuglio di rotaie all’inizio del mondo da dove le rotaie di ogni ferrovia si dipartono. Magari stesso luogo sorgivo di ogni arcobaleno. Così pensi: che grande autore, Calvino. Ma anzi, no. Non lo pensi nemmeno. Pensi: che idea! Che fantasia! Che scemotto, Calvino. E ti vedi quasi con lui, in quell’istante, tra i caruggi, vestito alla marinara, un bastone con in cima legato il sacchetto delle scarpe e della merenda, a rincorrersi. Il grande autore è quello del quale non penserai mai che è grande autore. Non subito almeno. Esiste un istante dove il grande autore si rimpicciolirà e se lo vorrai seguire dovrai rimpicciolirti con lui. Sì, l’immaginazione non è espansione, a pensarci, ma è atto di rimpicciolimento. Tornare fanciulli. Tornare piccoli. Quell’istante c’è. Sempre. Sei sopra al grande autore e lo vedi in tutta la sua fanciullezza. E lì devi decidere. Che faccio? Mi acquatto anch’io e lo seguo o rimango dove sono? Il grande autore è quello del quale non penserai mai, ripetiamolo, mai, che è grande autore. Non in prima battuta. Magliani, l’esempio. Magliani non pubblica più per case grandi. Proprio per questa ragione. Essendo grande autore, il lettore “di professione” fatica a vederlo come “autore giusto”: lo vedo più come amico, birbantello. Uno bravo da imbarazzarti. E se imbarazza forse non è bravo – perché il lettore “di professione”, essendo “di professione”, si fida delle sue reazioni, delle sue reazioni si fida moltissimo. Calvino fu fortunato all’epoca. Parecchio. Oggi Calvino magari non ce lo farebbero leggere. Lo pubblicherebbe qualche casuccia, e magari pure con qualche dubbio. Con imbarazzo. Chissà. La storia non si fa con i se e con i ma, questo è vero, ma non ditelo agli affabulatori. In ogni caso,straordinario è anche in questo “Il bambino e le isole”. Magliani non mette i piedi in testa a Calvino. Magliani è meraviglioso e ci mette nelle condizioni di percepire tutto il talento ragazzino dell’Italo Nazionale. Senza soffocarlo. Senza prevaricarlo. Esaltandolo.    

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