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Un gilet nero di pelle, un paio d’occhiali da sole che coprono quasi tutto il viso, un berretto beige, un pantalone vintage e un paio di sneakers, così è apparso nelle sue ultime uscite Edoardo D’Erme, per tutti Calcutta. Magari non sempre così, ma il più delle volte. L’artista è tornato con il suo nuovo album Relax (2023, Bomba Dischi, 11 brani, 35 minuti e 56 secondi), dopo Evergreen, uscito nel 2018. Ancora una volta il suo modo insolito, quasi bislacco di riapparire ha fatto aumentare notevolmente l’hype. E se nell’album precedente si sentiva «il cuore a Mille» (Testo estratto da Paracetamolo, Evergreen 2018), ora l’emozione è ancora più grande. Mentre ascoltiamo Relax ci attraversano una serie di sentimenti, di melodie e di continui sbalzi d’umore.

A prima vista questo potrebbe essere l’impatto di Calcutta, l’antidivo, colui che non ama particolarmente le interviste e che fino a qualche anno fa provava un discreto imbarazzo nell’esibirsi in pubblico. Se Evergreen è stato un album di transizione, Relax afferma tutto il pensiero di Calcutta: solitudine, rabbia, amore, lontananza. Non solo, ma prima di analizzare il contenuto dei testi, quella che si potrebbe definire la poetica dell’autore, è opportuno soffermarsi sul fenomeno Calcutta. Già, perché in tempi in cui bisogna sempre stare attivi, pubblicando spesso album che non sono così eccezionali, proprio perché la paura di scomparire è fortissima, qualcuno riesce a invertire il paradigma. In Italia, un territorio dove ormai la musica trap si è impossessata di tutti gli spazi (radio, internet e tv tra gli altri), Calcutta con il suo indie-pop riesce a rispondere in maniera coerente e organica.

Sparire per un po’, prendersi il tempo per affinare il suo stile, in linea con un’evoluzione che va avanti da anni, studiando nuove melodie rimodulandole con quelle del passato. Nei cinque anni precedenti il disco, Calcutta ha collaborato con alcuni autori, pensiamo a Elisa con la canzone Se Piovesse il tuo nome, oppure in ultimo, Mare di Guai cantata a Sanremo 2023 da Ariete. Soprattutto in questo pezzo è ravvisabile la mano del cantautore di Latina in alcuni suoi versi:

Uniamo i respiri, sento caldo la mattina
Tu buttati con me, mare di guai
Non so nuotare in una vasca piena di squali, piena di squali
Vеstiti da sera, c’è il mio pezzo prefеrito e buttati
che la notte è solo un giorno che riposa e ci incontriamo
ci cerchiamo nelle strade e nei silenzi di un cielo blu.

Cinque anni sono tanti in una società veloce e complessa come la nostra, ma Calcutta non ha temuto di scomparire nemmeno per un secondo, anzi continuava a ricercare suoni che si adagiassero bene sulle parole che stava trasmettendo. Non importa se ci vuole un anno oppure tre, cinque, l’importante è il risultato. Basti pensare che appena sono uscite le date del suo tour nei Palazzetti all’inizio del 2023, tutti i suoi fan sono accorsi, convinti che in fondo sarebbe stata una bella sorpresa. Alla fine di ottobre dello scorso anno Calcutta esce con il suo nuovo disco. Già qualche giorno prima dell’uscita ha disseminato sui social (Instagram in particolare) alcuni estratti dei testi. Erano trascorsi cinque anni e nel frattempo il suo pubblico continuava a crescere, contando molti giovanissimi, adolescenti e anche adulti. Già nel 2018, dopo l’uscita di Evergreen, e l’annuncio di soli due concerti: 1) Stadio Francioni di Latina; 2) Arena di Verona; i suoi fan erano davvero eterogenei. Intanto quelli più piccoli sono cresciuti e si sono cominciati ad affezionare a Edoardo, i più grandi hanno continuato a seguirlo.

Dal 2015 l’anno di uscita di Mainstream, il primo album con cui si è fatto conoscere al pubblico con pezzi come Frosinone, Cosa mi manchi a fare, Gaetano, la sua popolarità è andata accrescendosi. E non è solo un fatto di pubblicità, anzi il contrario, Calcutta non ha dietro di sé una Major, ma Bomba Dischi indipendente un’etichetta discografica che sta svolgendo davvero un ottimo lavoro. Mentre stava per uscire Relax tutti già conoscevano i suoi vecchi testi, apprezzavano la sua aria sorniona, scanzonata e all’apparenza spensierata.

Relax ha raffigurato in copertina una ragazza sdraiata sulla poltrona del dentista con la bocca aperta e alcuni strumenti all’interno. Se già guardiamo quest’immagine, capiamo che non si tratta affatto di relax, come siamo abituati a pensarlo, ma di una situazione in cui si è in bilico e non siamo per nulla a nostro agio. È il messaggio principale che passa all’ascoltatore, aiutato poi da un percorso di brani che ci spiegano la sensazione di Calcutta. A questo si aggiunga anche il modo di pubblicizzare il disco, come aveva già fatto in precedenza, quando Evergreen era stato presentato negli autogrill. Stavolta è stato ancora diverso, ha semplicemente rotto gli schemi in un’Italia abituata allo standard e alle canzoni che durano pochi mesi. È salito sul tetto della Rai, nella storica sede di Via Asiago a Roma e ha svolto un concerto, com’era successo ai Beatles in Inghilterra negli anni Sessanta. Ma non è finita, per promuovere la canzone principale 2 Minuti, è intervenuto in una trasmissione sportiva di Dazn in cui era annunciato da Lamberto Giorgi, storico conduttore radiofonico ed era accompagnato da un’insolita band: Pierluigi Pardo (giornalista sportivo) era il frontman, Luca Toni e Ciro Ferrara (due ex calciatori) lo accompagnavano al basso e alla chitarra. È una simpatica gag che vale la pena rivedere e gustarsi per entrare ancora di più nell’universo di Calcutta:

I testi di Relax affondano in una strana malinconia, che poi non lo è mai totalmente fino in fondo. A spezzare questo sentimento intervengono due intermezzi al Brano 1 e al Brano 6, allentano per qualche minuto e ci preparano a ciò che seguirà.

In alcuni testi si toccano punte altissime di dolore e disagio come SSD, dove parla della madre che è venuta a mancare:

Se questo è il mondo, forse lo rifiuto
Guarderò la fiamma, guarda come brucio
Le memorie SSD, mhm-mhm
Come il buco della serratura
Guardo dritto il cielo e non c’è più la luna, mhm
Sembra di non esserci, uh, per chilometri
Qualcuno ha scritto sulla sabbia: “Aiuto”
Parlerò comunque, parlerò un minuto.

Con mia madre in LSD, uh-uh
Anche se non è qui
Perché non è, non è qui
E sembra di non esserci
Sembra di non esserci
Sembra di non esserci
Sembra di non esserci
Perché non è, non è qui.

È come se Calcutta ci preparasse attraverso un climax verso un dolore più profondo, una sua mancanza che finisce per diventare anche la nostra. Un mondo precario in cui non riusciamo pienamente a farne parte, ci manca qualcosa, un appiglio, che prima c’era e ora non c’è. Siamo volatili come le memorie SSD, la nostra risposta alla precarietà probabilmente è il rifiuto, che forse non basta, camminiamo incerti lungo il filo della vita. Siamo in bilico, pronti a cadere senza che nessuno può sorreggerci e una volta a terra incapaci di rialzarci. Per calarsi ancora meglio in questa dimensione è consigliabile l’ascolto di questo link:

Un altro brano di fondamentale importanza è Controtempo in cui Calcutta offre immagini semplici per esprimere un concetto più ampio:

Ti ho conosciuta in Autogrill
Tutte le sensazioni che mi porto fino a qui
È pure un posto strano, tutti parlano toscano
Io invece no, ancora non lo so

Pare strano
Che finalmente siamo soli e ancora non balliamo
E mano per la mano mi dicevi: “Ma se poi invecchiamo?”
E ancora no, ancora non lo so (Ancora no)

A volte penso che
Ero contento, uh
Sentendomi con te
In controtempo
In controtempo, uh

Ti ho conosciuta dentro a un film
Sembravi una Beretta pronta a esplodere così
Nel buio della notte, abbassando il finestrino
Un brivido più forte non si può
Guerra persa
Non ero mai finito a letto con una di destra
E mano per la mano mi dicevi: “Senti che tristezza?”
Ancora no, ancora no (Ancora no)

A volte penso che
Ero contento, uh
Sentendomi con te
In controtempo
In controtempo, uh (In controtempo)

Solo il mare lo sa
Tutto quello che non si chiede, lo riporterà
Ti ho conosciuta a metà
Eri nascosta dietro a un bicchiere, adesso che fai? (Oh, no, uh)

A volte penso che
Ero contento, uh (Uh)
Sentendomi con te (Ah, ah, ah)
In controtempo
In controtempo, uh (In controtempo)

Rispetto a SSD si percepisce meno dolore, ma anche qui si ravvisa una mancanza. Un amore svanito, un’incomunicabilità tra i due protagonisti, il ricordo che però affiora e in fondo lo fa stare bene. L’atmosfera è poi resa più magica e fatale soprattutto da un insieme di bassi misti a suoni elettronici ora vicini, ora più lontani, che ci fanno capire più a fondo la natura contradditoria delle relazioni di cui si parla nel brano.

Sotto tutt’altra veste si pone invece Loneliness, che nonostante abbia all’apparenza un ritmo più allegro e scanzonato delle due precedenti, diviene sicuramente molto cupa nel suo significato:

E indovinare no, ma che ne so?
Ma che ne so perché sembriamo tutti più soli qui al nord?
Ma che ne so, ma che ne so di te?
Della tua loneliness (Loneliness, loneliness)
Della tua loneliness (Loneliness, loneliness)

Ma indovinare no, ma che ne so?
Ma che ne so di te e delle fabbriche grigie del nord?
Ma che ne so, ma che ne so di te?
Della tua loneliness (Loneliness, loneliness)
Della tua loneliness (Loneliness, loneliness)

Una solitudine che sfocia nell’insicurezza e nel sentirsi non più all’altezza di noi stessi, soprattutto quando ci allontaniamo dalle nostre radici. È in quel momento che perdiamo ogni riferimento con il nostro mondo, che non ci sembra più lo stesso. Allora cadiamo nello sconforto, nella sofferenza che vorremmo gridare a tutti, ma poi alla fine resta soltanto un urlo strozzato nella gola e nell’anima. A tutto questo si aggiunge la lontananza, Bologna è il posto in cui Calcutta sta vivendo, ma è lontano da Latina, la sua casa. Un altro modo di vivere a cui l’autore fatica ad abituarsi.

Il manifesto contemporaneo del disco, forse più degli altri, è Tutti. Un testo che analizza a pieno la società attuale, i giovani che sembrano senza valori, stressati e in preda a qualche delirio. Questo brano potrebbe avere delle assonanze con Frosinone, che poteva essere una dichiarazione a quei ragazzi di qualche anno fa, a quel periodo in cui Calcutta era un fuorisede a Roma e la sua più grande libertà poteva essere quella di “non lavare i piatti con lo Svelto”, unita ancora a uno smarrimento per ciò che si consumava nel mondo a lui più vicino. Oggi, invece, Tutti riporta a un’evoluzione di quei concetti espressi in Frosinone. Se prima era un giovane fuorisede, adesso è un adulto che ha più responsabilità, e sembra di impazzire in certi giorni:

Tanto lo so che lo sai che non so
Che cosa ne pensa la gente
Per una volta che non
Non ce ne fregava niente
Dormire nudi sui tetti

L’eclissi su Roma e la tua Coca Light
Non ti ho detto mai quello che mi fai
E gli altri si perdono come niente
E poi si ritrovano in un’altra città
Sembra un’eternità, sembra una vita fa
E tu come stai? Che cosa fai?

Io coi piedi nel mare e soltanto a pensare
Che sembriamo tutti falliti, tutti falliti

Un tenue rimpianto al passato aleggia nel testo, soprattutto quando Calcutta immagina quello che avrebbe potuto fare e che invece non ha fatto. Sente che quel tempo può ancora afferrarlo, poi stringe le mani e non gli resta niente, se non un vuoto.

Il viaggio in Relax si conclude con Giro con te, qui ci sembra quasi di toccare quella serenità, felicità che altrove è mancata. Ma anche in questa circostanza significherebbe fermarsi a un’analisi superficiale. Sebbene il video della canzone ha come protagonista Luis Sal, prima da bambino e poi da adulto in un’atmosfera che a tratti commuove e intenerisce, concentrandoci meglio percepiamo un altro significato:

Sono stato un po’ solo
Ho perso il tuo numero solo per dirtelo
Che l’anno passato è stato uno schifo
E ancora qui crolla un po’
Io volevo solo un giro con te
Prima dell’apocalisse e che tutto finisse ben oltre il limite.

La voglia di rincontrarsi, di stare insieme e fare almeno una passeggiata, ora che la situazione si è placata. Calcutta ne ha bisogno dopo un anno, probabilmente il 2020 che è stato molto duro, prima che non cambi tutto in maniera irreversibile. Prima che il tempo non cancelli alcuni momenti.

Relax è il disco che i fan di Calcutta aspettavano da anni e che potevano soltanto immaginarsi, il suo indie pop misto all’elettronica ha creato un mix di componenti interessanti. I testi riprendono perfettamente lo stile dell’artista che ora spazia verso il cantautorato italiano come Battisti e Dalla, ora si muove verso suoni elettronici e funk. Ma Calcutta continua la sua sperimentazione anno dopo anno, confermandosi uno degli artisti più importanti e talentuosi della scena italiana. Non solo per la risposta del pubblico o di qualche critico che è rimasto abbagliato dalla sua musica, quanto da ciò che riesce a trasmetterci. A ogni ascolto percepiamo qualche elemento di novità e a distanza di tempo dai primi dischi, ancora cantiamo e ci immedesimiamo nelle sue parole.

2 Comments

  • saha ha detto:

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