Ultimo appuntamento con Corsa allo Strega, rubrica dedicata alla cinquina finalista al Premio Strega e organizzata in collaborazione con la Scuola del libro. Il contributo di oggi è a cura di Selena Daveri e Miriam D’angelo.
“Nessuno si separa volentieri da ciò che ama e conosce, per cui puoi immaginarti il mio stato d’animo adesso che ho compreso che la persona che mi accingevo ad abbandonare definitivamente ero io stessa. Separarsi da sé è il dolore più profondo”.
Cosa succede quando la vita prende in contropiede e costringe a reinventarsi? Parte da questa domanda Il rumore del mondo, il romanzo di Benedetta Cibrario, edito da Mondadori, entrato in cinquina al Premio Strega. Già vincitrice del Campiello nel 2008 con Rossovermiglio, l’autrice torna a confrontarsi con la Storia, ambientando il racconto nel decennio 1838-1848, quello che precede l’Unità d’Italia.
Il Risorgimento è visto con gli occhi di Anne Bacon, la figlia di un ricco mercante di seta inglese che, dopo il matrimonio con il nobile piemontese Prospero Vignon, lascia Londra per trasferirsi a Torino. Tutto sembra andare per il meglio, Anne è giovane e innamorata, ma durante il viaggio verso la sua nuova vita è vittima del vaiolo. La malattia non la uccide ma lascia tracce indelebili, compromettendo la bellezza e l’identità stessa della ragazza, che fatica a riconoscersi allo specchio. Le promesse della felicità coniugale si dissolvono lasciandola sola, straniera in un mondo aristocratico che la guarda con sospetto. Tornare a casa sarebbe la scelta più ovvia, ma Anne trova il coraggio di restare e di conquistare un ruolo da protagonista in un Paese che non esiste ancora, ma che già lotta per venire alla luce.
L’emancipazione di Anne passa dall’incontro tra universi lontani, almeno in apparenza. Alla vitalità dell’Inghilterra vittoriana, il luogo più moderno e libero d’Europa, si contrappone l’arretratezza del Regno di Sardegna in piena Restaurazione. Le differenze sociali, culturali e generazionali sembrano inconciliabili, ma nel corso della lettura le distanze si accorciano e i confini appaiono sempre più sfumati. Lo testimonia l’evoluzione del rapporto tra Anne e il suocero Casimiro, burbero conservatore prima diffidente, poi conquistato dalle qualità e dall’energia della ragazza. Tra i due nasce un’inattesa complicità, un sodalizio che dimostra l’importanza di scoprirsi simili, di trovare un terreno comune nonostante le differenze. Intrecciando i destini dei Vignon al racconto del Risorgimento italiano, Benedetta Cibrario accende la luce su un periodo poco noto, ma che a sorpresa si rivela attualissimo. Quelli tra il 1838 e il 1848 sono anni di transizione e di grande dinamismo: cambiano i sistemi produttivi, gli assetti politici, le relazioni umane e lavorative. I personaggi iniziano a interrogarsi sull’utilità dei vaccini, sul significato dei confini nazionali, sull’istruzione e la condizione femminile e intanto cercano, ognuno a suo modo, di capire come abitare questa nuova realtà.
In controtendenza rispetto alle accelerazioni che racconta, Il rumore del mondo invita il lettore a rallentare e a prendersi il suo tempo, offrendo in cambio un’immersione totale nelle atmosfere ottocentesche. La scrittrice riesce a coinvolgere per oltre 700 pagine, senza bisogno di ricorrere a facili colpi a affetto. Tutto procede con naturalezza, le scelte dei personaggi sono sempre credibili e il loro percorso di crescita è coerente.
Il ritmo è affidato a una struttura dinamica, che alterna il racconto in terza persona a epistolari e diari di viaggio, forme tipiche della narrazione ottocentesca, che alleggeriscono la lettura e riducono le distanze. Grazie a un affresco minuzioso, frutto di anni di ricerche, si riesce a sentire il rumore di quel mondo: le ruote delle carrozze, il ronzio operoso dei telai, il fruscìo delle sete ricamate, il suono vibrante di un periodo storico in cui tutto cambia per fare spazio al futuro.
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