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La coscienza femminista nasce dalla vita stessa delle donne che osserviamo; ma la storia che conosciamo è scritta dagli uomini. Eppure soprattutto adesso non possiamo separare storia e storiografia: è questa la sfida che la filosofia del pensiero femminista è chiamata a recuperare; in che momento le donne hanno acquisito consapevolezza della propria identità come potenziale collettivo? I documenti ci sono, e vanno interrogati. La realtà antropologica è tuttavia altra cosa rispetto alla storia documentata. La storia è opera di donne e uomini, ma come provarlo se la selezione sulla parola scritta è parziale?

Geneviève Fraisse, femminista, «filosofa per formazione e storica per vocazione» come l’ha descritta Luisa Muraro, madre del femminismo differenzialista italiano, chiarisce in Il mondo è sessuato. Femminismo e altre sovversioni (Nottetempo, 2019, a cura di Annarosa Buttarelli) come e quando l’uguaglianza dei sessi sia stata portata al centro del dibattito politico, con l’osservazione della questione da un punto di vista diacronico a partire dalla Rivoluzione francese, sottolineando che il corpo sessuato non è un dato biologico ma una costruzione culturale. Il lavoro di Fraisse sviluppa tre nodi problematici: la prevalenza tra la critica del dominio maschile e l’affermazione dell’emancipazione ugualitaria; le contraddizioni nelle lotte; il peso politico dell’uguaglianza dei sessi e della libertà delle donne, geopoliticamente trasversale. Come spesso accade, il presente è un coacervo di teorie che vanno in opposte direzioni, e la metodologia di acquisizione del sapere diventa decisiva per determinare quale tra queste prevarrà: per questo motivo il lavoro di Geneviève Fraisse è importante come un sestante nella navigazione tra i ghiacci, poiché gli esiti futuri di un pensiero dipendono spesso dalle premesse storiche.

Per poter concettualizzare l’uguaglianza, occorre decostruire il pregiudizio mettendone in luce le contraddizioni che più o meno consapevolmente «abitiamo», storicizzando il sesso. Ci dice François Poulain de la Barre, filosofo del XVII secolo, che quello contro le donne è il più forte tra i pregiudizi, e per primo mette in relazione «sesso» e «pregiudizio»: affrontandone le diverse versioni (testi biblici, tradizioni filosofiche, opinione comune), Poulain propone l’uguaglianza completa, perché «l’uguaglianza non sopporta dei limiti e la sua affermazione, l’uguaglianza dei sessi, deve assumere tutte le conseguenze pratiche, ovvero sociali e politiche, che comporta». Nei secoli successivi, invece, si proporrà una lenta e moderata «quasi uguaglianza», sulla quale l’autrice nei suoi saggi pone una forte rilevanza per il contraccolpo storico che ne deriverà, con la distinzione, nel contratto sociale di Rousseau, tra ciò che è privato (alla donna la casa) e ciò che è politico (all’uomo la città), tra l’ispirazione (la donna come musa) e l’attuazione e azione creativa (l’uomo che è il genio). Duecento anni dopo, ne discutiamo ancora.

Ne Il secondo sesso, di Simone de Beauvoir, altra opera germinale indagata nel lavoro di Fraisse, pubblicata nel 1949, si legge: «il contenuto della femminilità è ordinariamente inteso come opposto alla mascolinità, e la mascolinità è pensata come ciò che conta, ciò che è maggiormente rilevante per la definizione del soggetto». La discussione intavolata da Poulain è quindi ancora rilevante, si affranca dal suo tempo per diventare «di nessun tempo» guadagnando universalità. Ricordiamo per contro François Fénelon, arcivescovo, teologo e scrittore, contemporaneo di Poulain e pienamente compreso nella propria contingenza, scrivere nel suo opuscolo sull’educazione delle ragazze che, appunto, «niente è più trascurabile dell’educazione delle ragazze».
Il non essere di alcun tempo di Poulain è pertanto di una forte radicalità politica, se lo confrontiamo per esempio al lavoro di Sylvain Maréchal, Progetto di legge per vietare alle donne di leggere del 1801: un pamphlet che non lascia ambiguità su quale sia il ruolo della donna.

Geneviève Fraisse è una storica del pensiero e del movimento femminista: parlamentare europea dal 1999 al 2004, ha perseguito un continuo dialogo conflittuale con le istituzioni democratiche, nel costante impegno che mira a come pensare l’uguaglianza dei sessi e come problematizzarla politicamente e inquadrarla storicamente. Così, da Poulain a Jacques Rancière (filosofo contemporaneo con cui Fraisse fonda la rivista Les Révoltes logiques nel 1975), a Virginia Woolf, Simone Weil, la storica delle idee Simone Fraisse (sua madre) e Simone de Beauvoir, i saggi compilati nell’arco di una vita da Geneviève Fraisse compongono l’asse del suo «materialismo metodologico» e mostrano ancora quanto tali questioni siano rimaste nella contemporaneità, e quale sia il terreno accidentato sul quale si debba continuare a lavorare: la sovversione, la decostruzione del dominio maschilista, l’emancipazione e la vera uguaglianza dei sessi. Così, l’immagine tradizionale della donna musa che accompagna l’artista maschio si distanzia dalla realtà in un’immagine nuova e forte nel XIX secolo, quella di Camille Claudel e Jessie Lipscomb, scultrici nel loro atelier di Parigi nel 1887. Ancora un salto avanti, e Fraisse ci parla della rivendicazione del godimento di Simone de Beauvoir, o della rabbia delle scrittrici dell’Ottocento, rabbia di cui Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé riconosce la legittimità in rapporto allo sforzo delle donne di conquistare il diritto di scrivere, e il diritto di occupare lo spazio privato e pubblico, intimo e civile.

Non è sempre così facile recuperare i fili di un discorso antifemminista nascosto sapientemente nella storiografia ufficiale e nei testi politici di riferimento di ogni secolo, e qui Fraisse è molto abile nel trovare le criticità: per esempio Rousseau, come molti altri filosofi – uomini, ça va sans dire – dissemina nelle sue opere il pensiero sulla dualità dei sessi, probabilmente come mezzo migliore per enunciare una necessaria diseguaglianza tra uomini e donne. È qui che la donna si relega nella bolla privata del focolare domestico, agisce all’interno della famiglia. L’uguaglianza completa e reale entrerebbe nel privato, devastandolo: «Rousseau lo comprende, e lo impedisce. Si veda la prima versione del Contratto sociale nell’edizione La Pléiade, si veda l’articolo “Sull’economia politica”: l’uguaglianza dei sessi nella famiglia è un serio pericolo! Tocqueville da un lato, Proudhon dall’altro, rimarcheranno anch’essi la frontiera. […] E Rousseau non esita: non facciamo entrare l’uguaglianza nella famiglia, vale a dire tra i sessi». Gli anni in cui il concetto di democrazia si ammanta della luce della modernità, rispetto alle tenebre dell’Ancien Régime, sono anche gli anni in cui si assiste al passaggio da una società gerarchica a una società democratica in cui ciò che è per uno, e quindi per una, sarà per tutti e tutte, ed è proprio «il “per tutte” che fa paura al maschio democratico».

Storicamente, lo sforzo di separare gli spazi privati e pubblici ha permesso di freddare le richieste d’uguaglianza dei sessi, per la vita civile così come per la sfera matrimoniale, la genitorialità, la sessualità. I filosofi del XVIII secolo l’avevano ben capito, tentando di tenere rinchiusa al suo posto «la preziosa metà della Repubblica», a casa, nella sua differenza incolmabile con l’uomo. Le riflessioni raccolte ne Il mondo è sessuato, frutto degli anni di lavoro della filosofa francese sulla storiografia del pensiero femminista, non bastano perché «l’accumulazione dei saperi e i saggi metodologici non saranno sufficienti a sbriciolare i contrafforti del simbolico maschile», ma sono certo un punto di partenza.

Salvaguardare i canali di comunicazione con il passato può essere un modo per garantire un respiro storico ai movimenti di emancipazione. Se negli anni Settanta la Francia ha prodotto tra i suoi intellettuali i cosiddetti pensatori della differenza, il pensiero femminista ha potuto servirsene (attraverso Lacan, Foucault, il decostruzionismo di Derrida), per profilare i suoi discorsi e di nuovo superarli e migliorarli in critiche successive, con una maggiore padronanza degli strumenti del sapere. Il mondo è sessuato, che in Francia è stato pubblicato nel 2016, è un diapason un po’ arrugginito e a vibrare è tuttavia un’assenza rimbombante, quella per esempio del transfemminismo, che pure oggi è la nota di riferimento, soprattutto nei suoi caratteri di intersezionalità e lotta di classe; una voce del vocabolario femminista che non si può certamente ignorare, soprattutto se lo scopo di tale studio è quello di allargare e rafforzare i dispositivi di inclusione.

Della società e della famiglia così abilmente descritte da Rousseau rimane oggi ancora troppo; e non dimentichiamo, tra i pensatori illustri, ispiratori del nostro tempo, nemmeno il cristiano Kierkegaard: «Che disgrazia essere donna! E la peggiore disgrazia, quando si è donna, è in fondo non comprendere che si tratta di una disgrazia».

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