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Consenso dell’autrice Saskia Vogel, pubblicato da Safarà Editore e tradotto da Alice Intelisano si apre con una frase di Camille Paglia: «Sono una pornografa. Dalla più tenera età, ho visto il sesso pervadere il mondo». Il significato della citazione non sarà subito chiaro, in questo romanzo di formazione atipico, narrato in prima persona dalla protagonista, Echo, giovane attrice in declino che vive in una Los Angeles malinconica e a tratti selvaggia, con le sue ville sfarzose e i quartieri più modesti, con le strade dai nomi come Miravista, Loma Linda, Altamira, con le sue scogliere erose dal tempo. Ma nella apparentemente perfetta Los Angeles non sono solo le rocce a sgretolarsi e a finire inghiottite dal mare. Vogel parte dalle macerie della grande istituzione familiare per parlare di uno sgretolamento molto più profondo.

Echo perde tragicamente il padre mentre insieme fanno una delle loro solite escursioni fra scogliere e caverne. Nel lutto si ritrova ad affrontare i suoi numerosi mostri interiori. C’è il rapporto conflittuale con la madre, da cui torna a vivere, una donna che ha sepolto la sua vera identità per uniformarsi alla vita matrimoniale. «Mia madre e mio padre avevano giocato alla famigliola felice e costruito le loro vite e il loro amore nel solco di qualcosa di familiare, senza mai fermarsi a porsi domande sulla struttura, e la struttura non era stata in grado di reggere». C’è il ricordo doloroso e indelebile di Ana, amica d’infanzia con cui ha avuto la sua prima esperienza sessuale adolescenziale, colta in flagrante e interrotta dal padre di Ana. C’è la carriera di attrice, cominciata da ragazzina e poi fallita. Ci sono i lavoretti con cui Echo si mantiene, facendo la comparsa in qualche film a basso costo in ruoli come «prostitute fatte di crack e ragazze morte», servendo stuzzichini durante le partite di poker, posando da modella per dei corsi d’arte. C’è Lola LaForce, un’attrice a cui lei somiglia molto ma che a differenza sua diventa famosa perché più adatta a ruoli di successo. Poi ci sono le avances. E le molestie vere e proprie camuffate da flirt innocenti o da proposte lavorative.

Quando torna in contatto con Van, l’ex assistente del suo vecchio manager diventato lui stesso agente, Echo decide di uscire con lui sperando così di rientrare nel giro grosso delle produzioni cinematografiche. «Parte degli effetti dell’eclissi della speranza era una tendenza all’interpretazione benevola, e tuttavia la mia insistenza nel cercare il buono nelle persone mi aveva creato solo guai. Significava che mi sarei piegata per trovare un posto tra di loro, senza considerare come volessi essere veramente. In quella serata dovevo essere spettacolare». Vogel racconta l’episodio dal punto di vista della protagonista senza che ne venga fuori alcun pregiudizio o moralismo. Ma la questione del potere è ben messa in chiaro. Il potere è completamente nelle mani di Van che va a prendere Echo con la sua costosissima macchina, la porta in un ristorante di lusso, le consiglia di non mangiare troppo perché è importante restare in forma nel mondo dello spettacolo, e infine la conduce a casa sua, dove la lusinga con parole di burro, «“Tu, tu sei spettacolare, lo sai?” disse con un sorriso timido. “Tu e io. Potremmo davvero diventare qualcosa”» e dove subito dopo si consuma del sesso per lei umiliante.

Una volta uscita dalla villa di Van, Echo ripensa alle parole di suo padre, quando la avvertiva del passaggio-dietro, una tecnica che i ragazzi utilizzerebbero per provarci con le ragazze durante gli appuntamenti. Eppure, come riflette Echo, «(n)essun uomo mi aveva mai messo un braccio attorno alle spalle al cinema, ma a ogni donna che conoscessi avevano tirato fuori un pene. Era mio padre a essere cresciuto in un’epoca differente, o voleva tenere lontano da me il mondo nella speranza che non venissi mai a scoprire quello che sapeva? Sperava (…) che avrei trovato velocemente un amore puro e duraturo, e che sarei scivolata dalle sue cure a quelle di un altro, senza aver mai incontrato questi selvaggi?».

Los Angeles e Hollywood sono il perfetto scenario per raccontare una storia che però ha un respiro molto ampio. In una società regolata da leggi precise e in cui bisogna adattarsi a determinati ruoli, una donna è costretta a gestire da sola le molestie e i pericoli connessi alle molestie. Come donna si impara presto a comprendere l’effetto che ha il proprio corpo sugli uomini: «(…) mi ricordava il potere che avevo provato da preadolescente quando mi era spuntato il seno (…). Facevo solo finta di non notare le occhiate che attiravo. Era strano sentire il mio corpo parlare quando incontrava quegli sguardi, senza che nemmeno aprissi bocca. Che cosa mi stava facendo diventare il mio corpo? Si trattava di un ostacolo o di un vantaggio? Non ero preparata. Eppure aspiravo a essere una donna, senza pensare a cosa significasse». Nel mondo dello spettacolo questo problema è amplificato. Echo è abituata a subire certi comportamenti, ma il prezzo da pagare per lei è ormai troppo alto. Quanta importanza ha il suo consenso all’interno dei rapporti che intrattiene, lavorativi e non lavorativi?

È in questo momento così cruciale che l’incontro con Orly diventa importante. Orly è una affascinante dominatrice di mestiere di cui Echo si invaghisce. Vive con il suo schiavo, Mignolino, il cui vero nome è Lonnie, un uomo che ha trovato la sua personale realizzazione in quel tipo di vita dopo un passato sofferto in un ruolo che la società gli imponeva ma in cui non si riconosceva. Orly e Mignolino introducono Echo nel mondo del BDSM (acronimo di Bondage and Disciplin, Domination and Submission, Sadism and Masochism) e dei lavori relativi alla sfera sessuale. La ragazza scopre così una realtà alternativa, in cui ogni rapporto ha regole precise e soprattutto in cui ogni azione si basa sull’inviolabilità del consenso e sull’importanza della fiducia. «Guardavo quegli uomini che arrivavano alla sua porta e lasciavano il loro corpo alle sue cure. Chiedevano di essere ricevuti, e lì trovavano il loro piacere. Nel piacere, non dovevano più essere uomini, solo corpi in stato di immobilità e movimento. Corpi di memoria e desiderio. Fidarsi di lei per farsi traghettare lungo la corrente dell’ignoto, e poi ripescarli, trasformati. (…) Corpi che avrei potuto spezzare e persone che avrei potuto rovinare, ma che si fidavano non l’avrei fatto. La loro fiducia mi rendeva vigile, e nei nostri atti più brutali, la loro fiducia me ne faceva avere cura». È una comunità in cui ci si prende cura dell’altro nella maniera più peculiare, in cui si crea una rete di rapporti e sostegno reciproco.

Di fronte a questo tipo di attività è lecito chiedersi: cosa è la violenza? Vogel vuole suggerirci una risposta complessa, scomoda, ma che sicuramente lascia spazio a molte riflessioni. La violenza non è una consapevole pratica sessuale che infligge dolore richiesto da personali gusti sessuali ma senza che ciò costituisca un pericolo per l’incolumità della persona. Orly, da dominatrice professionista, pone molta attenzione a stabilire regole e ad analizzare ogni situazione singolarmente per capire i limiti e i desideri specifici. «Potevamo giocare al potere, esplorare ruoli che non ci erano ancora permessi al di fuori di quelle quattro mura, ma perché quello spazio fosse sacro, doveva essere considerato sacro da tutti noi». Consapevolezza, rispetto e consenso sono alla base di quel tipo di pratiche, di quel tipo di comunità in cui la violenza per definizione non può avere posto. La violenza vera è invece quella che si incontra continuamente nella società in cui siamo inseriti dalla nascita, in cui siamo obbligati dentro ruoli già preconfezionati che non abbiamo scelto. In questo tipo di società l’abuso di potere è messo in atto e sperimentato di continuo, mentre il sesso che non si adegua alle norme è considerato come un disturbo. Quando dopo molti anni Echo rivede il padre di Ana, questi la definisce una malattia. Eppure: «(…) se esisteva una malattia, non ero io. Era qualcosa che avevo contratto, nata dalla scienza che dava un significato al sesso attraverso la patologia, un ordine patriarcale che tradiva non solo le donne, ma tutti noi». In questo senso è importante la figura di Mignolino, perché mostra come la società patriarcale e maschilista sia tossica anche per gli uomini. È una legge della giungla in cui vince il machismo. Lonnie diventa Mignolino seguendo le sue reali inclinazioni, spogliandosi dei panni che non gli sono mai appartenuti davvero, diventando libero nella sua vita da schiavo di Orly.

Il cammino che Echo intraprende nel solco di una nuova consapevolezza sarà doloroso e difficile ma la aiuterà a uscire dal pantano fangoso della sua vita, combattendo il senso di solitudine e disorientamento provocato dalla morte del padre. Nella profonda consapevolezza del suo corpo, dei suoi limiti, del suo dolore, riuscirà a riallacciare i legami perduti con la sua famiglia e con il suo io più profondo.

Vogel tramite il personaggio di Echo ha creato una voce interessante e intima, anche se spesso risulta poco focalizzata sui temi centrali e troppo didascalica su questioni di poca importanza provocando un sentimentalismo che stona nel quadro generale della vicenda. Tuttavia uno dei grandi pregi di questo romanzo è quello di non scadere mai in morbosità di alcun tipo. Infatti, pur parlando di sesso e di pratiche correlate al sesso, il tono è sempre sorprendentemente pacato ed elegante. Inoltre è posta molta attenzione verso la comunità e le pratiche BDSM, generalmente poco esplorate oppure per la maggior parte delle volte raccontate in maniera errata e superficiale. Vogel chiede al lettore di liberarsi di ogni tipo di pregiudizio e sovrastruttura mentale, superare ogni limite per raggiungere una più alta comprensione dell’interiorità individuale indissolubilmente legata alla questione sessuale.

Ed è così che va compresa la citazione iniziale di Camille Paglia. L’autrice, nella sua raccolta di saggi del 1994 Vamps and Tramps, dichiara che la pornografia non avvelena la mente, al contrario mostra la più profonda verità riguardo la sessualità, spogliandola di ogni patina romantica. È per questo che si autoproclama fieramente pornografa, comunemente considerato nella sua accezione negativa, come sperimenta la stessa Echo in prima persona: «Giusto o sbagliato, io non lo sapevo. Nel piacere eravamo solo corpi, e il corpo era tutto quello che avevamo: questa prospettiva non era priva di contraddizioni. Una donna con la quale uscivo dopo essermi trasferita nel mio appartamento mi diede della pornografa a causa di questo. Voleva un’intimità emotiva prima di fare l’amore, e io le dissi che volevo scoprire come sarebbero stati i nostri corpi assieme prima di sentirmi abbastanza a mio agio da aprirmi. È una questione di fiducia e comunicazione, dissi, ma lei parve offendersi. Ripensai alla parola pornografa. Era appropriata, in un certo modo, ma solo perché non conoscevo ancora nessuna parola migliore per me. Il sesso per me era sacro. Sapevo che aveva il potere di trasformare». Il sesso pervade il mondo e pervade questo romanzo, un sesso consensuale, libero da ogni impostazione oppressiva patriarcale della colpa e della vergogna, della sopraffazione e della violenza.

Vogel ha dichiarato in un’intervista di avere scritto il romanzo prima che esplodesse il caso Weinstein, prima che il movimento #metoo diventasse virale. Certamente non è mai stato un segreto che il mondo di Hollywood celasse dietro la sua patina luminosa trame oscure di potere e sottomissione e che ciò fosse un problema in particolare per le donne, e l’autrice vivendo a Los Angeles ha potuto indagare in prima persona tali meccanismi. Ma è vero anche che la vicenda Weinstein e la grande risonanza che ha esercitato sull’opinione pubblica hanno cambiato il dibattito sulla violenza sessuale, sulle relazioni e sulla grande questione dell’abuso di potere. C’è chi sostiene che ormai un rapporto sereno tra i sessi sia impossibile perché aleggerebbe sempre il fantasma dell’accusa di molestie da parte della donna verso l’uomo. Ma il limite che spesso sfugge risiede proprio nel titolo del romanzo di Saskia Vogel. Il consenso deve essere la base di ogni relazione, a prescindere dai sessi, dai ruoli, dalle situazioni. È l’assenza di consenso che genera violenza. Per questo motivo è importante non esaurire il dibattito e non rendere movimenti come quello del #metoo semplici mode passeggere che hanno il loro culmine sui social o su un’estetica pop. Un cambiamento delle logiche che regolano sesso e potere è possibile e indispensabile. Quello che conta, come sostiene fermamente Orly, è «rimarginare la spaccatura tra i sessi (…) vedere il valore nella femminilità e nella mascolinità, e poi oltrepassare i binari, pensare a cosa ci unisce».

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