«Credo che più le persone sono stimolate a pensare ai propri sentimenti e ai propri pensieri, che è ciò che fa un’opera d’arte, meno è probabile che saremo presi da potere insensato del governo o manipolati da coloro che si considerano i padroni; e questo rende meno probabile il disastro politico, la crudeltà e, a lungo andare, la scortesia».
Go with the flow
Alasdair Gray, il compianto scrittore scozzese venuto a mancare qualche mese fa, considerava 1982, Janine il proprio capolavoro. E ovviamente, se a dirlo è stato l’autore di quell’opera incredibile che è Lanark, capite bene che fare una recensione di questo libro, o semplicemente parlarne, non è compito facile per chi scrive. 1982, Janine, pubblicato da Safarà editore e tradotto da un esperto in materia come Enrico Terrinoni (Ulisse, Finnegans Wake di Joyce fra le sue traduzioni), è un libro stratificato, difficile, scorretto, politico e tanti altri aggettivi, tra cui aggiungerei controverso, poiché è anche l’opera meno compresa della sua bibliografia. Ma per analizzare le diverse tematiche che presenta il libro, partirei prima da una «semplice» sinossi.
Siamo dunque nel 1982 e il nostro protagonista, Jock McLeish, è un cinquantenne scozzese supervisore alla sicurezza, divorziato, insonne e alcolizzato. Chiuso in una modesta camera di hotel a Greenock, situato a poche miglia da Glasgow, Jock trascorre la notte ricreando nella sua mente le sue molteplici, sfrenate fantasie erotiche, descrivendo varie donne in ruoli sadomaso, tra cui la Janine del titolo, attraverso un flusso di coscienza non cronologico da parte del protagonista.
Senza rivelare il finale concitato, posso dire di aver già «spoilerato» abbastanza, poiché quanto descritto prima non è assodato nei primi capitoli (ad esempio il solo nome del protagonista appare dopo una settantina di pagine), ma Gray ci fa arrivare a comprendere questo quadro a piccoli passi. Ciò comporta una lettura attenta, che risulta affascinante ma faticosa, poiché il flusso di coscienza di stampo joyciano del protagonista alterna ricordi passati e presenti, fantasie pornografiche e amare realtà.
Il romanzo si può pacificamente dividere in due metà: la prima parte, soffocante e ciclica, caratterizzata sempre da nuovi inizi e nuove fantasie; la seconda quasi lineare, dove comincia una spiegazione retrospettiva del passato del protagonista. Le due parti sono divise da un’epifania, un momento catartico che si sviluppa tra il capitolo 11 e 12, quest’ultimo si pone infatti come il vero primo capitolo del romanzo. A livello narrativo, se nella seconda parte abbiamo una convivenza omogenea tra passato e presente, nella prima il passato del protagonista è come slegato dal suo presente, con i ricordi reali che affiorano sotto forma di brevi flash, riconducibili a traumi, o infiniti elenchi e resoconti, unici tentativi di dare ordine alla propria mente. Lo stesso titolo, 1982, Janine, può essere considerato un elemento di un probabile elenco. Questa tortuosa esplorazione dei vari cassetti nella mente del protagonista è ben descritta all’inizio del romanzo nella citazione di Paul Valéry:
«Nella mente ci sono scatole con delle etichette: Studiare in un’occasione favorevole; Non pensarci mai; Inutile approfondire oltre; Contenuti non esaminati; Questioni senza senso; Urgente; Pericoloso; Delicato; Impossibile; Abbandonato; Riservato ad altri; Affari miei; eccetera».
Jock è dunque prigioniero del proprio passato e il suo intento è quello di riuscire ad avere il controllo di esso, in modo tale da rimediare alla sua condizione attuale.
Follow love and he will flee thee, flee love and it will follow thee: la bellezza «impura»
«La bellezza convulsiva sarà erotico-velata, esplosivo-fissa, magico-circostanziale o non sarà»
L’Amour fou, André Breton.
Non è solo il flusso di coscienza ad avvicinare Gray a Joyce: come rivelato nelle sue sporadiche interviste, per il suo Lanark Gray aveva tratto grande ispirazione da un altro romanzo di formazione, anzi il bildungsroman per eccellenza, Ritratto dell’artista da giovane. In 1982, Janine, l’autore scozzese prende dal suo libro un altro concetto, quello di arte «propria» e «impropria». Nella sua intervista con Kathy Acker, Gray cita esplicitamente Joyce, spiegando che condivide il suo pensiero «quando dichiara che la grande arte non dovrebbe smuoverci dentro, solo le arti improprie (la propaganda e la pornografia) lo fanno, ma la vera arte ci inchioda di fronte alla bellezza eterna, o alla verità, o qualcosa di simile».
Nel Ritratto dell’artista da giovane leggiamo infatti: «Intendo dire che l’emozione tragica è statica. O piuttosto, l’emozione drammatica. I sentimenti eccitati dall’arte falsa sono cinetici, il desiderio e la ripugnanza. Il desiderio ci spinge a possedere, ad avvicinare qualcosa; la ripugnanza ci spinge ad abbandonare questa cosa, ad allontanarcene. Le arti che eccitano questi sentimenti, la pornografia o la didascalica, sono perciò arti false. L’emozione estetica (uso il termine generale) è perciò statica. Arresta e innalza la mente al disopra del desiderio e della ripugnanza».
In Janine il protagonista non prova alcuna sensazione di felicità o piacere nelle sue relazioni precedenti con donne «reali», per questo ricorre alla sua immaginazione e crea fantomatici rapporti con donne inventate. Solo in questo mondo immaginario la sua mente si libera da qualunque freno e riesce ad avere il controllo delle sue emozioni, fino ad arrivare a «dominare» il rapporto con il sesso opposto. Non sempre però. Quando riaffiorano nella mente del protagonista gli amari ricordi della sua vita passata, come sua madre o la sua ex, si concentra sulle sue fantasie e chiede al lettore di non prestare attenzione al suo passato («dimenticalo», «dimenticala» appare spesso nel testo).
C’è da menzionare poi il tema della nudità, come possiamo intuire dall’illustrazione in copertina. L’immaginazione di Gray trova ampio spazio nelle descrizioni in cui i personaggi femminili si denudano, e in un certo senso anche Jock fa lo stesso in quanto, man mano che avanziamo nella storia, svela sempre più particolari della sua vita. Curioso poi che un personaggio femminile chiamato Sontag, riferito all’autrice del saggio L’immaginazione pornografica, voglia liberare la Scozia dal tabù della pornografia. Ma questa cosiddetta «arte impura», divisa tra il tragico e il comico, non è un semplice pastiche letterario: «Il mio problema è il sesso, o se non lo è, il sesso lo nasconde così bene che non so più quale poi sia il problema», afferma Jock durante uno dei suoi sproloqui.
Come afferma la studiosa Katherine Mullin nel suo saggio James Joyce, Sexuality and Social Purity, la bravura di Joyce era quella di rappresentare la sessualità elevandola da un punto di vista letterario. Alasdair Gray è simile anche in questo: 1982, Janine è pieno di queste fantasie sessuali, propedeutiche certo per un’ulteriore riflessione, più profonda e letteraria, riguardo il suo paese e infine, sulla natura umana e divina.
Caledonia dreaming
Veniamo adesso all’altra arte «impura», la politica. Come afferma giustamente Enrico Terrinoni, «Gray è uno scrittore politico, come Blake, come Joyce, come Dante» (negli ultimi anni della sua vita Gray si è dedicato alacremente alla traduzione dell’Inferno, NdR). Se per Joyce la sua Dublino era «cara e sporca», tragica e fatale nel suo immobilismo stagnante che soffocava ogni desiderio, lo stesso si può dire per la decadente Glasgow descritta splendidamente in Lanark, che generava solitudine e frustrazioni al suo protagonista. Non si scosta da questo neanche 1982, Janine, come illustra lo stesso autore: «Credo sia il mio libro più politico: Jock è un conservatore della classe operaia, come molti negli anni della Thatcher che hanno iniziato a praticare mestieri professionali o superiori. Questo personaggio è consapevolmente un anti-socialista. Crede che il socialismo non abbia alcuna possibilità, la giustizia sociale non abbia alcuna possibilità, ed è semplicemente contento di ricevere un buono stipendio – ed è per questo che è stato interessante scrivere di un personaggio così, perché è il mio opposto».
Come detto prima, l’uso della pornografia è un velo che lascia spazio presto ad una aspra satira politica della Scozia durante gli anni ‘80. Non a caso molti critici letterari, analizzando 1982, Janine, hanno giocato attorno al doppio significato bondage, termine legato alla ovvia pratica sessuale ma anche inteso come prigionia, asservimento, in questo caso riferito alla Scozia nei confronti dei cugini inglesi. Su questo serve contestualizzare meglio l’argomento: un passaggio chiave durante la stesura del romanzo è stato il referendum sulla devolution scozzese del 1979, interpretato da Gray come una ribellione fallita contro l’Inghilterra, e i conseguenti rapporti tesi con il governo Thatcher. Ma Gray è sempre attento a pesi e contrappesi. Non c’è mai una direzione univoca nelle voci dei personaggi. Gray affronta il mito dell’indipendenza ma anche quello della Scozia come vittima e paese «colonizzato». Prendendo una citazione dal testo:
«La verità è che siamo una nazione di leccaculo, sebbene in superficie riusciamo a nasconderlo[…] Ecco perché, quando l’Inghilterra ci ha consentito di fare un referendum sull’argomento, io ho votato per l’autogoverno della Scozia. Neanche per un minuto ho creduto che ci avrebbe reso più ricchi, siamo un paese piccolo e povero, è sempre stato così e sempre così sarà, ma sarebbe anche un lusso doverci biasimare da soli per il casino in cui ci troviamo anziché dare la colpa al maledetto vecchio parlamento di Westminster. “Vediamo i problemi della Scozia da una prospettiva del tutto differente quando andiamo a Westminster”, mi disse una volta un deputato scozzese. Ovvio che è così, leccaculo che non siete altro».
It’s SHITE being Scottish! o un altro esempio di coscienza schizofrenica scozzese: Trainspotting
È emblematico nel romanzo il fatto che Jock sia un supervisore ad impianti di sicurezza e allarmi; il suo compito in particolare è quello di scovare ogni debolezza nel sistema. Secondo la visione dell’autore, Jock è dunque bloccato non solo dal suo passato e dalle sue fantasie erotiche, ma da un intero sistema politico, economico, sociale, che lo conduce quasi ad un isolamento forzato. Questa prigione si manifesta anche nel rapporto con i genitori del protagonista. L’isolamento, sociale e culturale, si avverte in modo palese quando la madre di Jock, durante l’infanzia, obbliga suo figlio a rimanere a casa. Stessa situazione con l’altra figura genitoriale, il padre. Sebbene il rapporto di Jock con suo padre non sia particolarmente ostile, i due hanno difficoltà a capirsi. Il padre è un ex operaio di sinistra, mentre Jock è conservatore, e l’incomunicabilità fra i due fa sì che il padre muoia senza mai conoscere le opinioni politiche di suo figlio.
La parola isolamento non è casuale. Storicamente la cultura scozzese è stata vista sempre come isolazionista e ripiegata su se stessa, alle prese con i propri stereotipi e le proprie tradizioni; al tempo stesso però negli ultimi decenni ha avuto un approccio più aperto e precursore rispetto alle vicine nazioni anglofone. Il postmodernismo di Gray è stato sicuramente fondamentale, e 1982, Janine è il libro che più di tutti rappresenta questa dicotomia glocal della cultura scozzese. Gray ha realizzato un romanzo innovativo ma le sue radici affondano sempre nella tradizione letteraria del suo paese. Ad esempio la scelta di un protagonista «mediocre» si inserisce nella tradizione scozzese, dove Walter Scott fu il capostipite, ma soprattutto nella cosiddetta Caledonian Antisyzygy. Gli scozzesi sono infatti intrinsecamente attratti dagli opposti e la loro letteratura, come sottolinea lo stesso Gray, «oscilla avanti e indietro tra la cruda realtà e la fantasia inverosimile». L’esempio principe è ovviamente Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson, che come Janine è episodica e strutturata in modo simile nel costrutto a cui accennavo in precedenza, ovvero nelle loro prime parti intravediamo i sintomi che tormentano i protagonisti e nelle seconde, lineari, il lettore ricostruisce i loro trascorsi fino a fornire una spiegazione delle parti precedenti. Ma questi Doppelgänger scozzesi, o meglio fetches (dall’irlandese fetch), si contraddistinguono per un complesso di inferiorità, un odio di sé, nevrosi, spesso accompagnate ad un senso di colpa legato, nella cultura scozzese, ai rigidi principi del presbiterianesimo e alla paura del peccato e di Dio.
Infine molti critici hanno applicato il concetto letterario Caledonian Antisyzygy al paese stesso: l’intera Scozia è improntata sulla divisione, è duale e scismatica. Successivamente questa percezione è stata approfondita da Gray nel suo Poor Things, del 1992. Lì troviamo il ritratto di Bella Caledonia, ovvero la personificazione femminile del corpo della nazione scozzese, in contrapposizione della Britannia, l’allegoria dell’Inghilterra, o della Marianne francese. In 1982, Janine il personaggio più «politico» è il severo e temuto professore di Jock, Hislop, soprannominato il pazzo. La sua figura rappresenta una paternità simbolica, sia perché al contrario del padre di Jock è una persona che incarna autorevolezza, sia perché insegnando letteratura inglese, raffigura il conflitto tra il colonizzatore (la supremazia dell’imperialismo inglese) e il colonizzato (la reticenza e l’isolamento scozzese). Ovviamente Hislop non è solo un carnefice, ma è anche una vittima della mentalità contorta del calvinismo e della guerra, dal momento che era un ex soldato e aveva «trascorso tre anni in un campo di prigionia giapponese».
Sebbene Jock lo detesti, arriva alla fine ad assomigliare a lui: «Immagino che Hislop sia riuscito a fare di me l’uomo che voleva». Le punizioni corporali che infligge al protagonista e ai suoi compagni sono come una sorta di rito di passaggio, un’umiliazione rituale. L’opposizione tra il protagonista e l’insegnante di letteratura inglese nasce sempre da un conflitto linguistico. La prima punizione arriva quando il protagonista commette cinque errori di ortografia, un’altra punizione avviene ad uno dei suoi compagni che ha un difetto di pronuncia. Quando il protagonista difende il suo compagno, la figura di Hislop si sgretola (inizia a lamentarsi con il preside in dialetto scozzese) e Jock invece ottiene per la prima volta un riconoscimento, esce dalla sua condizione di prigioniero e sottomesso, prende il controllo della situazione e diventa per un breve periodo beniamino dei suoi compagni.
In God’s country
L’educazione e l’infanzia di Jock indicano infine un aspetto importante nel romanzo, trovare una voce definita e definitiva con cui il protagonista possa raccontare la sua storia. L’ultimo episodio descritto, la difesa del proprio compagno, è il simbolo di una presa di coscienza, che però rappresenta un momento isolato nello sviluppo della storia. Come detto in precedenza, la prima parte è caotica, mentre la seconda riesce a trovare un filo tra presente e passato e risulta lineare. Lo stesso protagonista afferma in un passaggio: «Sto di nuovo girando in tondo. Ma dovrebbe essermi possibile raccontare la storia in modo lineare. Mi alleno da quando avevo dodici anni, forse anche prima».
Questo cambiamento di paradigma avviene grazie ad un episodio preciso, ovvero il tentativo di suicidio del protagonista. Se nel passato la voce di Jock viene repressa dai genitori o dal suo insegnante, nel presente invece ci sono molte voci diverse, a seconda dei suoi personaggi femminili immaginari. Nell’undicesimo capitolo avviene però questa epifania, che l’autore descrive come un «ministero di tante voci». Anthony Burgess descriveva Gray come un visual artist, vale a dire, uno scrittore che riesce nell’intento di «rendere i propri libri oggetto di interesse visivo». L’autore scozzese compone quindi un plausibile dialogo con Dio, in cui Gray immagina «il mio uomo che prendeva pillole e cadeva in uno stato in cui le voci che affollavano la sua mente diventavano simultanee». La voce di Dio lo interrompe tra parentesi, mettendo in discussione i presupposti con cui si muove il personaggio, con semplici domande quali «Perché?» o «Non eri felice?». Sempre nell’intervista con Acker, Gray descrive così questo passaggio: «Da un lato la voce del suo corpo (del protagonista) si lamenta dello stato febbrile a cui è stato condannato, dall’altro la sua libido sogna e si alterna alla sua coscienza squilibrata che lo redarguisce per tali fantasie. Dopodiché, in caratteri minuscoli, c’è la voce di Dio che cerca di dirgli qualcosa di importante, gli dice che non ha capito il senso della vita, con una voce che riesce a malapena a sentire, perché non le pronuncia fragorosamente, ma lo corregge in modo gentile, con parole sensate». Qui si raggiunge l’apice del romanzo e un plastico delle capacità di scrittura di Gray. «Pensavo che, rappresentato tipograficamente, questo climax sarebbe stato eccitante, avrebbe sorpreso la gente». A livello tipografico e visivo otteniamo infine questo:
I deliri di Jock arrivano dunque a formare un romanzo-mondo unico, e fanno di Alasdair Gray non solo uno dei più importanti autori scozzesi ma un grande artista in assoluto del secondo Novecento. 1982, Janine ambisce non solo a essere catalogato come un grande libro postmoderno, ma ad essere considerato come il romanzo che descrive un’intera nazione, con i suoi pregi e le sue contraddizioni. Come Joyce con la sua Irlanda, Gray critica duramente l’immobilismo culturale e morale in cui langue la sua nazione, «paralitica e paralizzante». Come Leopold Bloom nell’Ulisse, Jock è l’anti-eroe moderno e mediocre, che vaga tra i suoi affetti e i suoi ricordi. La stessa sarcastica ironia raffigura una condizione umana dolente e divisa tra passato e presente.
Se la scomparsa di Gray ha lasciato un enorme vuoto nel campo letterario, 1982, Janine è il suo lascito perfetto.
16 Comments