«Il personale è politico» è uno slogan femminista che dagli anni Settanta ha acquistato sempre più forza, diventando un vero e proprio metodo di lotta. «Non ci sono soluzioni personali in questo momento. C’è solo un’azione collettiva per una soluzione collettiva», scriveva Carol Hanish, considerata la madrina di questo motto.
Il femminismo della quarta ondata, il femminismo intersezionale, porta questa riflessione ancora più in là, dichiarando che non solo il personale è politico, ma che ogni aspetto che forma l’identità di una persona – come il genere, l’orientamento sessuale, la classe, il colore della pelle e il proprio aspetto in generale – è indissolubilmente intrecciato e influenza, nella sua multidimensionalità, tanto la propria vita privata quanto quella pubblica.
Ed è proprio quello che intende affermare Anche questo è femminismo, una raccolta di saggi scritta a più mani edita da Edizioni Tlon in collaborazione con Bossy, associazione no profit che dal 2014 si occupa di parità facendo informazione, organizzando eventi e proponendo attività di formazione a scuole e aziende.
Gli scritti affrontano diversi argomenti – lasciandone inevitabilmente da parte altri che meriterebbero un approfondimento, come il sex work o l’antispecismo. La raccolta però non vuole porsi come un testo esaustivo sul femminismo intersezionale, come esplicita nell’introduzione Irene Facheris, presidente di Bossy, ma come un «punto di arrivo temporaneo» che sottolinea come solo uno sguardo intersezionale possa cambiare la società in cui viviamo.
Basta scorrere l’indice per farsi un’idea dell’ampiezza dei temi affrontati e dell’autorevolezza di autori e autrici: Marina Cuollo e Sofia Righetti aprono il volume con uno scritto sull’abilismo; Belle di faccia parlano di Body Positivity e Jacklin Faye di razzismo; il testo sulla comunità LGBTQIA+ è curato da Mc Nill; Marina Pierri (suo è anche il saggio Eroine, sempre edito da Tlon) parla di serie tv, numeri e presenze, seguita da Eugenia Fattori e Attilio Palmieri sulla rappresentazione negli audiovisivi; il classismo è spiegato da Francesca Anelli, lo sfruttamento sul lavoro da Biancamaria Furci e la politica interna da Rachele Agostini, Biancamaria Furci e Alessandra Vescio; il salto fuori dai confini italiani, con un testo sulla politica estera, è a cura di Benedetta Geddo, mentre l’ecosostenibilità e i cambiamenti climatici sono affrontati da Alessandra Vescio; i temi della salute e della salute mentale sono approfonditi da Sara Colognesi, mentre Arianna Latini parla di sport e stereotipi; chiudono la raccolta Lorenzo Gasparrini (autore, tra i vari, di Non sono sessista, ma… e Perché il femminismo serve anche agli uomini) sulla mascolinità tossica e Virginia Cafaro con un testo introduttivo allo xenofemminismo.
I saggi di Anche questo è femminismo presentano ciascuno una panoramica piuttosto generale dell’argomento trattato, ma sono accompagnati da una ricca bibliografia che permette di approfondire tematiche che non possono certo esaurirsi nello spazio di qualche pagina.
Come argomentato da più di uno degli interventi, la lente intersezionale deve cominciare a essere utilizzata sin dalla raccolta dei dati, poiché la discriminazione inizia già a questo livello, quando le categorie marginalizzate non vengono nemmeno prese in considerazione. Ad esempio, leggendo il volume scopriamo che, nell’ambito della salute, alle donne non vengono diagnosticate per tempo alcune patologie perché i modelli maschili sono sovrarappresentati in letteratura. Nella rappresentazione audiovisiva, invece, si tende ad analizzare i dati prendendo in considerazione la media invece che prestare attenzione alle anomalie; non si pensa al contesto: chi ha raccolto quei dati e perché? Viene tenuto conto del privilegio? «Questa è l’illusione sociale della rappresentazione», scrive Pierri, «che quanto rappresentato costituisca la sola possibile interezza e giustezza del mondo».
Benché ogni capitolo si concentri su un tema specifico, procedendo nella lettura ci si accorge sempre più di come i diversi aspetti siano in realtà correlati e dipendenti. Lo si evince subito nelle parole di Belle di faccia, che nel capitolo dedicato alla grassofobia parlano delle sue origini:
«La lotta alla grassofobia è profondamente intersezionale non solo perché le persone grasse esistono in ogni gruppo marginalizzato, ma anche perché le origini storiche del disprezzo per il grasso sono profondamente legate al razzismo e al classismo».
Lo ripete Francesca Anelli parlando di classismo:
«Oggi l’80% della disuguaglianza dipende dal Paese in cui si nasce e non dalle differenze di reddito e ricchezza al suo interno; ciò significa che il classismo si lega a doppio filo alle dinamiche di sfruttamento colonialiste e post-colonialiste in atto».
Ed è un tema centrale anche per Arianna Latini nel suo saggio su sport e stereotipi:
«L’ostacolo all’inclusione e alla parità più difficile da superare è dovuto in larga parte alla centralità del corpo. Non si può prescindere dal corpo in quanto l’affermazione nello sport è innanzitutto fisica. Ma i fisici, come le persone, sono tanti e tutti diversi».
Anche questo è femminismo è un libro plurale, chiaro e ben documentato: il libro perfetto da regalare a chi si sta approcciando al femminismo, o a chi lo considera una battaglia tutta femminile che non ha risvolti sul resto della società. Leggendo i saggi che compongono questa raccolta, a chi sposa quest’ultima argomentazione verrà come minimo qualche dubbio.
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