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Medusa (2021) è l’ultimo romanzo della canadese Martine Desjardins, pubblicato da Alter Ego nella traduzione di Ornella Tajani. La protagonista è una giovane ragazza affetta da una malformazione congenita agli occhi, che la rende intollerabile alla vista del mondo. Costretta dalla madre a nasconderli per non suscitare orrore negli altri, la ragazza ha imparato a non guardare più in faccia le persone, fissando sempre il terreno; come se non bastasse, la sua foltissima chioma, oltre agli occhi orripilanti, ha giustificato il malizioso appellativo datole dalle due sorelle maggiori: Medusa.

I genitori, nauseati dalla sua presenza in casa e preoccupati che i suoi occhi possano nuocere alla famiglia, la spediscono all’Athenœum, un istituto per ragazze deformi. Fuori, circondato da alberi, un lago accoglie creature che baluginano nell’oscurità della notte, rischiarandola con le loro luminescenze elettriche: meduse.

Ma nell’Athenœum qualcosa stimola la curiosità della ragazza. Una volta al mese, oscuri personaggi, i benefattori, dispongono delle educande dell’istituto a loro piacimento, inscenando riti orgiastici durante i quali le ragazze diventano mero divertimento di uomini amorali. Vengono conciate con pettinature e vestiti tali da sembrare ancora più giovani e, alla fine delle feste, escono dall’ala privata stropicciate e malmesse.

Medusa, troppo orrenda per partecipare al sollazzo dei benefattori, viene incaricata di pulire l’istituto, ma affina la conoscenza dell’Athenœum girovagando per i corridoi e scoprendosi per caso depositaria di un potere dai tratti mitologici. Un giorno, intenta a sbirciare di nascosto nell’ala dei benefattori a lei proibita, viene sorpresa da una matrona, una delle donne preposte al controllo delle educande; Medusa, girandosi, scosta accidentalmente i capelli dalla faccia e il suo sguardo incontra quello della donna, che avvizzisce alla sua presenza, spegnendosi in un orrendo stupore di morte. La ragazza comprende che i suoi occhi sono in grado di uccidere chi li guarda, una capacità che, a dispetto degli insulti ricevuti per tutta la vita in merito alla sua bruttezza, inizia a far propria.

Questa maledizione congenita è continuamente nominata dalla protagonista con appellativi perturbanti: sono le Lamentabilità, le Grottescherie, le Concupiscenze, le Empuse, le Respingenze, le Devastazioni, la vista di Medusa è un cataclisma oculare che, adesso, è intenzionata a utilizzare come arma di attacco verso tutti coloro che intendono violarla.

In cinque anni trascorsi nell’Athenœum, Medusa non è mai venuta meno ai suoi doveri di serva. La direttrice, spaventata ma al contempo affascinata dal suo potere, le impone di indossare un paraocchi, cosicché il suo sguardo omicida non nuoccia a chi dovesse avere la sfortuna di guardarla in faccia. Medusa, però, dotata di una strabiliante resistenza al tempo e ai soprusi, attende nella sua coriacea pelle di neo-gorgone senza agire:

«Non ho mai versato una lacrima in vita mia. Né di tristezza, né di rabbia, né di disperazione, né di dolore – ancora meno di riso o di felicità. Nemmeno una piccolissima lacrima di coccodrillo».

Un giorno, Medusa scorge due matrone intente a remare su una barca e attraversare il lago fino alla formazione spontanea di un vortice, nel quale gettano un sacco di iuta dal contenuto misterioso. Il vortice, a un tratto, si illumina dell’elettricità velenosa delle meduse e il sacco è presto scomparso. La natura di un tale gesto è ignota a Medusa, che ha iniziato a indagare sui misteri dell’Athenœum e sulle abitudini dei benefattori, tra cui quella di abusare delle educande al termine del loro ciclo mestruale per evitare contaminazioni di natura superstiziosa.

La lettura e l’insegnamento sono proibiti, ma Medusa, perlustrando di nascosto luoghi inaccessibili alle educande, fruisce di informazioni all’oscuro delle matrone e della direttrice e si imbatte in un libro di mitologia proveniente dalla sala del consiglio. Tra le varie figure di dee e mostri ellenici, una più di tutte la incuriosisce: è chiaramente Medusa, la gorgone. Una volta era nota per la sua bellezza e i suoi fulgidi capelli, motivi sufficienti perché Poseidone la violentasse in un tempio di Atena. La dea, scoperta la scelleratezza, si infuria non col dio ma con la ragazza, che trasforma in un mostro dai capelli di serpenti e gli occhi che pietrificano chiunque la guardi. La Medusa mitologica e la Medusa reale sembrano corrispondersi per affinità di potere, ma non per destino; la seconda decide di non soggiacere all’incomprensibile legge divina e debellerà chiunque pensi di attentare alla sua vita.

Desjardins racconta della maestria temporeggiatrice di una donna che, pur avendo ricevuto dal fato una malformazione deplorevole, non si rassegna alle ingiustizie subite, in special modo dagli uomini, dei quali nel romanzo viene messa in risalto la violenza. Il mondo mitologico da cui l’autrice attinge per la dimensione fantastica del romanzo ha uno stretto legame con la realtà del mondo moderno, e fa di Medusa la riscattatrice dal sopruso maschile.

Dopo anni di ingiustizie, la ragazza si chiede se la sua malformazione debba continuare a essere motivo di vergogna o se possa aiutarla in una formazione personale assolutamente diversa dal resto del mondo, anche se orribile a vedersi. Medusa decide di fare del suo male un antidoto alla rassegnazione e allo svilimento di coloro che lo considerano un cataclisma, senza versare una lacrima.

Solida nonostante gli anni di violenza fisica e verbale, procede spedita verso colui che dovrà incontrare, perché origine dei suoi tormenti; è una conoscenza innata, ancestrale, che disegna un percorso chiaro nella sua mente: i suoi passi la condurranno a un vis-à-vis inevitabile. Il suo cuore mantiene questo proposito con la stessa abnegazione di una sacerdotessa pagana. Proprio a quell’uomo che incontrerà, come una corrispondenza lontana nello spazio e nel tempo e affidata alla Storia, racconta i segreti dell’Athenœum:

«Immagina il mio sgomento. Avevo appena scoperto il segreto più atroce dell’Athenœum: nessuna educanda ne usciva viva. Appena le ragazze smettevano di divertire i benefattori, venivano sacrificate, i loro corpi buttati in acqua con una zavorra. Finivano nell’oblio di una fossa abissale, abbandonate all’indegnità della macerazione e alla spizzicatura delle meduse. Non riposavano mai in pace, perché il vortice le trascinava incessantemente in quel sabba di dannate».

Intanto, all’Athenœum, la direttrice la sottopone a progressive torture, l’ultima delle quali è quella di essere sferzata sulla schiena da meduse. L’atrocità del dolore si tramuta per Medusa in euforia, una peculiarità mai vista in nessuna delle protette, tanto che la direttrice pensa possa essere di gradimento al sadismo del capo supremo dei benefattori: il governatore.

Medusa è il racconto della sottomissione a un macrocosmo violento e sadico, quello maschile, che si fa immanente e capillare nella realtà. Avvalendosi del punto di vista dei personaggi maschili, l’autrice fa dell’Athenœum una giustificazione allo stupro; la violenza viene istituzionalizzata, concessa perché alla società importa ben poco di ragazze deformi.

La donna è vista dai benefattori come deficitaria o incapace a difendersi, e il romanzo è, in fondo, la narrazione di un dogma atavico: come in passato, la femminilità è associata al conturbante, spesso con sfumature di immondo. Basti pensare ai mostri mitologici greci: la maggior parte di essi è femmina, come Scilla, Echidna, Aracne e la stessa Medusa, rappresentazione condivisa da altre culture. Questa sottomissione, però, ha un limite, la cui scintilla è innescata da una necessità identitaria. Medusa riesce a sopportare le angherie del mondo perché la sua volontà di affermarvisi supera la mortificazione del suo corpo.

Narrare una storia a partire da un istituto è significativo, perché rende quasi costituzionale la superiorità maschile sulla donna, ma si tratta di una superiorità fatta di coercizione e brutalità, incapace di mediare contenuti profondi. La realtà che Desjardins ritrae attinge a una trama sottile, sotto la quale si cela un tessuto ancora più intricato. Se un sistema di governo stabilisce un canone, la società si adegua a quel canone; ogni società obbedisce a dei parametri e tali parametri vengono stabiliti anche nell’Athenœum. La bruttezza delle educande e di Medusa stessa è una giustificazione sufficiente perché si possa abusare dei loro corpi, annichilendo qualità e autodeterminazione.

Mentre esplora i luoghi intorno all’Athenœum, i suoi passi la conducono verso l’uomo che, con la certezza di un oracolo, sapeva che avrebbe incontrato e che non poteva che essere Perseo. L’uomo mitologico, custode di una vergogna storica immeritata che Medusa, infine, prova, è deciso a riportarla all’istituto, a reimmetterla nell’ordine prescrittivo di un’educazione nefanda, senza alcuno sbocco se non nel vortice di un lago pieno di meduse, qualora la donna non soggiaccia alla crudeltà della legge maschile.

«Il mostro della vergogna non mi ha intimidita. Che mi importava ormai del suo parere? Adesso che avevo contemplato la bellezza dei miei occhi ero corazzata contro le frecce assassine. Come uno specchio gli ho porto il riflesso della sua stessa laidezza e l’ho pietrificato con uno sguardo sterminatore, carico di tutti i sentimenti repressi, le parole inespresse, le lacrime non versate e le collere ricacciate in fondo al cuore. Ho ridotto le macule a due follicoli ovarici che gatteggiavano con la labradorescenza di una pietra di luna».

L’incontro con Perseo è una forma di riscatto che, secondo l’autrice, interessa non soltanto Medusa, ma tutte coloro che hanno subito una specifica forma di violenza psicologica. L’inclinazione alla mortificazione del corpo e alla demolizione dell’autostima pende sulla ragazza da quando è nata e Perseo ripete il medesimo copione: cerca di convincere Medusa a riunirsi al consesso maschile, a suo dire l’unica prospettiva possibile.

Medusa è il racconto della legittimità a esistere nonostante un canone imposto, il tema caldo delle identità difformi riscontrabile nelle contemporanee lotte sociali e civili. Se l’Athenœum non prevede la possibilità di un ingranaggio fuori dai binari, lo scenario di un cataclisma è allettante e quasi necessario, basta aprire gli occhi sul mondo.