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Mattia Grigolo è ben noto nell’ambiente delle riviste, avendo pubblicato diversi racconti online e avendone fondate due, Eterna e Yanez. Ha esordito con Pidgin, pubblicando La raggia, un romanzo breve, feroce nella trama e nella scrittura. Dopo poco meno di un anno, l’autore milanese torna in libreria, stavolta con una raccolta di racconti edita da TerraRossa.
Come si legge nella bandella di sinistra, Temevo dicessi l’amore contiene «cinque storie racchiuse in quattordici racconti», ciascuno dei quali ha per protagonista Ofelia, una ragazza dagli atteggiamenti schivi, portata per carattere ad avere rapporti conflittuali con le persone che ama.

Interessante è la struttura di questo libro: le cinque storie non sono riportate in maniera lineare, bensì i racconti che le compongono, riportati senza una precisa ratio se non quella di un ordine vagamente cronologico, consentono di seguire Ofelia dalla prima giovinezza a un’età più adulta. È possibile legare fra loro i racconti, rintracciando così le storie, sia rinvenendo i personaggi comprimari che le compongono sia attraverso i simboli che li accompagnano.

Il simbolo dell’infinito (∞) comprende tre racconti che affrontano il rapporto fra Ofelia e Chiara, la cui amicizia – lo scopriamo nel terzo – nasce quando sono bambine, per poi evolvere in qualcosa di diverso, almeno dal punto di vista dell’amica che «immagina di avere dei figli con Ofelia» (p. 13). Come nelle migliori (o peggiori, dipende dal punto di vista) relazioni amicali, quando una delle due parti comincia a provare un sentimento riconducibile all’amore è inevitabile che tutto sia destinato al naufragio. Così, quando nel secondo racconto di questa trilogia, Ecco qualcosa di riduttivo, troviamo Maddalena possiamo – memori della lezione di quanto accaduto con Chiara – sentire una sensazione di incertezza aleggiare nell’aria. È curioso notare come in tutti e tre gli spezzoni siano presenti degli animali: prima un gatto di nome Buco Nero, poi un cavallo (seppur di legno) di nome Zaffiro e infine, in quello che possiamo considerare il flashback di Chiara e Ofelia da bambine, un cane bianco di nome Nerone.

Il simbolo dello zero spaccato (o dell’insieme vuoto: Ø) comprende il secondo, il sesto e – in un curioso gioco di numeri – il dodicesimo racconto. Stavolta co-protagonista è Adamare, che Ofelia ha conosciuto «in un laboratorio di Storia del Fascismo» (p. 19). Il loro rapporto è turbolento come quello fra Ofelia e Chiara e come quello fra Ofelia e Maddalena eppure, nonostante le difficoltà e i mille turbamenti che rendono irrequieta l’amica, Adamare conserverà per tutta la vita un bellissimo ricordo di Ofelia. Nell’epilogo di questa seconda trilogia, infatti, troviamo una Adamare molto in là con gli anni, unica protagonista del racconto, abitante di un appartamento diroccato nel quale potrà fare i conti con il proprio passato e con quanto avvenuto con Ofelia.
Nel simbolo della Terra (♁) sono racchiusi i racconti numero tre, otto, dieci e tredici. Sono i racconti più brevi, che vanno dalla mezza pagina del primo alle quattro pagine del terzo. Parlano di una storia d’amore fra Ofelia e l’uomo della sua vita, con il quale si trova a compiere diversi viaggi e ad arrivare pericolosamente vicina a un rapporto adulto. Ma anche qui leggiamo ciò di cui Grigolo ci sta parlando in questo libro: dell’incertezza dei sentimenti, dell’incertezza del futuro e di come le persone possano perdersi, ritrovarsi e perdersi di nuovo.

La quarta storia, contrassegnata dal simbolo dell’omega (Ω), comprende due soli racconti. Nel primo protagonista è Marie, la sorella di Ofelia, con la quale convive. Il rapporto fra le due non è idilliaco eppure Marie non riesce a fare a meno di avere la sorella accanto, proprio come i pappagallini inseparabili che danno il titolo al racconto. Nel secondo, Ofelia è l’amante di Brando. Sebbene sembri non esserci relazione fra le due storie, la connessione riguarda invece la Ofelia più sfuggente che si possa rinvenire fra le pagine di questo breve libro. Quasi non parla, a malapena si mostra e sempre per poco tempo. Sono i due racconti più rapidi e violenti, perché ciò che viene taciuto sulla famiglia di Ofelia e sul suo modo di affrontare le relazioni è ricavabile dagli altri: qui ci troviamo a fare i conti col non detto, con un’assenza continua.
Nel simbolo della croce (†) troviamo infine il settimo e il quattordicesimo racconto, ossia quelli che, suggestivamente, segnano il mid-season e il season finale di una serie tv. Protagonista è Jonathan: quando lo conosciamo, frequenta un gruppo di persone che idolatrano il suicidio senza però arrivarvi mai (o quasi). Il tema centrale di questi due racconti è la morte, o meglio: il modo in cui la morte degli altri ci resta dentro e ci accompagna per tutta la vita. Che sia quella di amico o amante, quella di un genitore o di un animale domestico, i cari che sono stati importanti per noi restano al nostro fianco, sembra dirci Mattia Grigolo, consegnandoci nell’ultima pagina una lezione attualissima ed estremamente potente: «in fondo, sono i fantasmi a tenerci attaccati alla vita e a determinare cosa saremo» (p. 134).

One Comment

  • backrooms ha detto:

    Nell’epilogo di questa seconda trilogia, infatti, troviamo una Adamare molto in là con gli anni, unica protagonista del racconto, abitante di un appartamento diroccato nel quale potrà fare i conti con il proprio passato e con quanto avvenuto con Ofelia.

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