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Chiesero a Karl Kraus: «Con quale desiderio lei entra nell’anno nuovo?». E lui: «Con il desiderio di essere risparmiato da domande del genere.» Un po’ alla Kraus allora: la lista dei migliori libri del 2023 è anche un’occasione per venir via da quaterne e nocciole sverniciate d’antiruggine – per quanto tutto questo sia gradevole a un primo approccio, sì d’accordo ma poi – o da assolutissime questioni più che mai dirimenti, a quando la casa nuova e quali chincaglie. Domande d’ordinanza e imbrigliate in salamelecchi a cui si vuole un bene dell’anima, e certo un libro è solo un libro e va bene, e invece uno bello aiuta a sentirsi meno offesi da come va il mondo, com’era Flaiano a un’ora dall’anno nuovo.
Quindi: ecco le migliori uscite del 2023 secondo Altri Animali, poi fate voi insomma.

Martin Amis
La storia da dentro
Einaudi
Traduzione di Gaspare Bona

È sempre un piacere venir meno a una consuetudine o a una tradizione, specie se ce la si è autoimposta, e allora in questo 2023 vorrei indicare come libro dell’anno per Altri Animali un testo che – per una volta – ho letto davvero. (Non che ho intenzione di leggere o che forse leggerò.)
È del resto un gol a porta vuota, vuotissima, scegliere La storia da dentro di Martin Amis, sbocconcellato e amato in realtà tre anni or sono quando è uscito nel Regno Unito sotto il meglio riuscito nome di Inside Story. È il racconto di un’amicizia fra due delle mie persone preferite di tutti i tempi: Christopher Hitchens e l’autore, Martin Amis. È un libro perlopiù ridondante, pieno di difetti e però con le pagine spiegazzate e gonfie di sottolineature, insomma un libro di letteratura autentica. Dentro ci trovate, ovviamente, la malattia di Hitch e tutto il resto, una vita, anzi due, di «chiacchiere sul nulla». Conoscete un modo migliore per vivere? Se sì, fatecelo sapere. Anzi, no, tenetevelo per voi.
Stefano Friani

Gilda Policastro
La distinzione
Giulio Perrone

Il mio augurio/proposito alla fine dell’ansiogeno 2023 è che non venga seguito da un 2024 depressivo. Com’è che dicevano gli AA, quegli altri, non gli Altri Animali? Qualcosa su «…accettare le cose che non posso cambiare, …cambiare le cose che posso…».
Il libro che mi fa piacere segnalare è La distinzione di Gilda Policastro, Giulio Perrone editore. Scrivendo di depressione (e altri mali) l’intelligenza di Policastro compie né più né meno l’incantesimo poetico del linguaggio, ovvero crea con le parole commedia e tragedia, pathos e sorriso amaro, connota ironicamente (con un gioco a volte feroce di punti di vista) la comprensione delle cose che avvengono e stagnano o che si ascoltano e sovrappongono (con la miniera di cortocircuiti logico interpretativi che è l’eavesdrop). Consigliato a chi cerca (e non trova?) la forza, il coraggio, la saggezza di cui sopra.
Roberto Galofaro

MP5
Corpus
Rizzoli Lizard

Corpus come raccolta, Corpus come i corpi esposti all’interno delle pagine di questo libro, il primo che unisce i vent’anni di produzione dell’artista MP5. Non è un catalogo, ma una narrazione visiva divisa in tre grandi sezioni: Corpus Erotico, Corpus Ermetico e Corpus Eretico. Dall’arte pubblica alle copertine di libri, la sua spessa linea nera racchiude nel segno la potenza del gesto politico e sociale. Ha dato vita a un immaginario di corpi individuali, collettivi, consapevoli, indipendenti, di straordinaria, essenziale bellezza, di cui abbiamo più bisogno che mai.
Florinda Giannino

Ingeborg Bachmann
Invocazione all’Orsa maggiore
Adelphi

La raccolta di poesie Invocazione all’Orsa maggiore di Ingeborg Bachmann viene pubblicata la prima volta nel 1956. Se la possiamo rileggere oggi in Italia è grazie alla nuova edizione pubblicata da Adelphi (a cura del germanista Luigi Reitani). Bachmann concentra in questi versi una vastissima gradazione di immagini, si attraversano paesi di nebbia e monti di cocci, si alterna la neve gelida al sole più caldo. È la topografia di un viaggio che diventa esilio, la fuga di un Io che non può evitare di confrontarsi con la Storia e i suoi eventi dolorosi, che vive un amore oscuro (l’unico possibile) ed è costretto per questo a morire più e più volte (come lo sarà l’Io del successivo Malina).
Giulia Martinez

Hanno Sauer
L’invenzione del bene e del male
Laterza
Traduzione di B. Baroni e M. Pugliano

Venendo da una famiglia cattolica sono cresciuto con un approccio rigoroso e naturalmente ambiguo ai valori del bene e del male. Poi con un minimo di maturità capisci che il bene non è altro che Paolo Maldini; il male, generalmente tutto il resto. Questa è una verità come un’altra, o perlomeno un’interpretazione sulla cui veridicità c’è ampio consenso – mai conosciuta una persona che non associ Paolo Maldini al bene. Ma da dove viene questa incrollabile certezza? Perché pensiamo tutti che Maldini sia stato un Gesù di Nazareth con gli scarpini? Ci può aiutare un libro di uno sbarbato professore olandese di filosofia, Hanno Sauer, che con L’invenzione del bene e del male ci fa partecipare a una maratona niente male: quella che ripercorre la storia universale della morale, dalla grotta dell’Addaura alla wokeness, e poi Tolstoj e le guerre, la genetica, la biologia, il vil danaro e via così. Libro fantastico e bello denso, anche cristallino nel ricordare che l’uomo è sempre stato governato dal male. Fino a Maldini, chiaro.
Emanuele Martino

Stefano Salis (a cura di)
Scritto nella pietra. Minerali collezionati e descritti da Roger Caillois
Franco Maria Ricci

In due fumetti di non molti anni fa, Marc-Antoine Mathieu citava la “pietra di Makapansgat”, un ciottolo rossastro i cui tratti possono ricordare quelli di un volto: trovato lontano dalla sua origine geologica, a fianco dei resti di un australopiteco, sembra che non si tratti dell’opera intenzionale di un umano, il cui unico gesto è stato quello di raccoglierlo e di prenderlo con sé. Perché l’ha fatto? Che cosa racconta il fascino involontario di alcune pietre di quello che è – è stata e sarà – l’esperienza estetica? Che sia volto o colore o forma, che cos’è che prima cattura l’attenzione e poi, nel giro di un istante, spinge a farsi catturare?
Alberto Pellegrini

Anne Carson
Vetro, Ironia e Dio
Crocetti
Traduzione di Patrizio Ceccagnoli

Ad avermi attratto di Anne Carson in Vetro, Ironia e Dio è stata, lo ammetto, la definizione che era stata data alla sua poesia: saggistica poetica. Ed è davvero così. I suoi testi hanno l’asprezza degli ossimori e delle contraddizioni. Sono tante legatissime immagini perfettamente logiche, anche narrative per certi versi, ma non solo. Anche amare, giuste e grigie, come le notizie, un articolo di scienza, un reportage di guerra, un libro di storia. Pazzesca la storia dell’ultima notte d’amore disperato e sbagliato con sullo sfondo un’alba, interlinea molto stretta della cronaca che lei fa della sua disfatta sentimentale.
Giulia Priore

Cormac McCarthy
Il passeggero/Stella Maris
Einaudi
Traduzione di Maurizia Balmelli

Difficile parlare in poche righe di questa dilogia, vuol dire andare dritti al cuore dell’opera e qui il cuore dell’opera è il tutto, la sostanza stessa della realtà, la capacità o l’incapacità umana di poterla comprendere. A partire dagli anni ’80, mentre diventava un autore di culto, vinceva il Pulitzer e le sue opere erano trasposte in film di successo, all’insaputa dei più Cormac McCarthy era chiuso in una stanzetta del Santa Fe Institute a studiare e discutere di fisica, matematica, filosofia, storia, linguistica, topologia, epistemologia, logica con il biologo evoluzionista David Krakauer e molti altri. Questi libri sono una summa, il suo testamento intellettuale e il frutto di un’incredibile indagine multidisciplinare sull’intelletto umano e i suoi limiti. McCarthy ricorda al distratto mondo autoreferenziale della letteratura contemporanea, e a noi tutti, che i misteri più grandi sono ancora tutti lì da affrontare e sempre più oscuri: cos’è la realtà? Cosa siamo noi rispetto ad essa? Cos’è la coscienza e da dove proviene l’inconscio? Ad essere violenti, in questi due romanzi, sono i pensieri, non le azioni degli uomini. Al materialismo che contraddistingue la sua opera sono qui accorpate tutte le consapevolezze emerse dalle conquiste della ricerca scientifica del Novecento. Sembra dirci che non ha più alcun senso parlare della realtà, della vita, e probabilmente produrre letteratura, senza aver compreso, ad esempio, le implicazioni dell’entanglement quantistico. I due libri sono appunto in correlazione quantistica: impossibile descrivere le caratteristiche dell’uno senza descrivere anche quelle dell’altro. Il passeggero è il libro di Bobby, Stella maris quello di Alicia. Fratello e sorella sono i meravigliosi protagonisti della storia, geniali (lei più di lui), tormentati dalla conoscenza e uniti da un legame così intenso da divenire insostenibile, in modo diverso e opposto, per entrambi. Il loro legame è il nerbo intorno a cui si articola tutta la trama eppure McCarthy ci concede di assistere ai loro incontri solo indirettamente, tramite i ricordi strappati a brandelli dalla memoria di uno o dell’altra. Un’opera di bellezza e acume struggenti che tutta la letteratura a venire farà fatica a ignorare.
Giuseppe Putignano

Tsushima Yūko
Il dominio della luce
Safarà
Traduzione di Maria Teresa Orsi

Il dominio della luce di Tsushima Yūko racconta un anno nella vita di una donna che fatica per costruirsi un’esistenza a Tōkyō. La protagonista di cui conosciamo solo il cognome da sposata, Fujino, ha una figlia di due anni e lavora in una nastroteca. Si è appena trasferita in quel palazzo, che come un presagio porta il suo nome, Fujino Building. Questo romanzo del 1979, appena recuperato da Safarà e tradotto da Maria Teresa Orsi, benché racconti un Giappone di quarant’anni fa, descrive onestamente le difficoltà di Fujino, questa madre che beve, dorme fino a tardi, lascia le faccende in sospeso, si perde la figlia nel parco perché intenta a guardare le fronde degli olmi, e la schiaffeggia quando si sveglia piangendo di notte. In tutto il romanzo è la luce a guidare le decisioni della protagonista, il sole dalle finestre e sull’acqua che brilla, i fuochi notturni, gli incendi nella città, come il senso di sconfitta e poi di rinascita dalle proprie ceneri. Forse ha ragione la old lady sconosciuta con cui Fujino beve whisky al bancone di un bar: «buia è la notte, che venga presto il mattino».
Giorgia Sallusti

Ada d’Adamo
Come d’aria
Elliot

Il mio Libro dell’Anno di quest’anno ha vinto il Premio Strega. Non capita spesso che un libro, per di più un esordio, per di più scritto da una donna, e pubblicato da un editore indipendente, faccia tanto rumore (e di rumore ultimamente abbiamo bisogno, come s’è visto per altri fatti) tra letterati e lettori comuni, giovani e meno giovani, in una sfera personalissima ma anche politica. Come d’aria di Ada d’Adamo è un’opera di sconvolgente delicatezza che parla di amore incondizionato e che dice sì alla vita, sì ai corpi, sì alle scelte. Che, modulando tenerezza, rabbia e ironia, riscrive il materno, il normale, il sano in una società – la nostra, ovviamente – che troppo spesso guarda e non sa.
Silvia Seminara

Cristina Rivera Garza
L’invincibile estate di Liliana
Edizioni Sur
Traduzione di Giulia Zavagna

Trent’anni, prima di trovare il coraggio di riaprire dei cassetti per poi rimettere insieme lettere e appunti rimasti chiusi per molto tempo. Cristina Rivera Garza decide di ricucirli per ricostruire la vita della sorella Liliana, assassinata dal fidanzato – mai arrestato. Un archivio familiare e insieme un atto politico, che diventa coscienza collettiva quando lo si legge.
Roberta Sofia

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